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Sabato, 20 Aprile 2024
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Processo Lega, Salvini salva Bossi (e figlio)

Salvini aveva presentato querela nei confronti dello stesso Belsito, non citando invece i Bossi. Una mossa che ha portato al 'non luogo a procedere' deciso dalla Corte d'Appello di Milano nell'ambito del processo sui fondi della Lega Nord

La Corte d'Appello di Milano ha disposto il non luogo a procedere per Umberto Bossi e il figlio Renzo Bossi, sotto processo per appropriazione indebita nell'ambito del processo sui fondi della Lega Nord. Condannato ad un anno e otto mesi il tesoriere Francesco Belsito, con pena sospesa.

Nelle scorse settimane l'attuale segretario federale della Lega, Matteo Salvini, aveva presentato querela nei confronti dello stesso Belsito, non citando invece i Bossi. Una mossa che ha portato al 'non luogo a procedere'

Renzo Bossi: "Salvini ha capito che non c'entravo"

"Matteo Salvini" e "gli avvocati della Lega hanno analizzato e capito che queste spese non erano imputabili a me e così non hanno fatto querela". Così Renzo Bossi all'AdnKronos, dopo la decisione della corte di appello di Milano.

"Finalmente con l'applicazione dell'articolo 129 finisce un processo lungo 7 anni", sottolinea il figlio del fondatore della Lega. "Sono contento ma dispiaciuto allo stesso tempo perché avrei voluto discutere nel merito delle spese contestate", aggiunge Bossi jr ricordando come "la stessa scelta di derubricare il reato da appropriazione a tentata appropriazione, già dimostrava che la Lega non aveva fatto pagamenti a mio favore".

Fondi Lega, il processo

Il filone processuale verteva sull'utilizzo dei fondi del Carroccio per fini privati. In base alla nuova legge infatti  la magistratura non può più procedere d'ufficio per il reato di appropriazione indebita e solo in presenza di una denuncia è stato possibile celebrare il processo.

Il "caso" dei fondi del Carroccio con al centro i 49 milioni che la Lega dovrebbe restituire allo Stato, va avanti dal 2012. Tutto è iniziato quando l’ormai ex tesoriere leghista, Francesco Belsito, venne indagato con le accuse di truffa ai danni dello Stato e riciclaggio per la sua gestione dei rimborsi elettorali. Secondo gli inquirenti, Belsito trasferì all’estero i soldi, in particolare a Cipro e in Tanzania, e li investì in varie attività, tra cui l'acquisto di diamanti.

La vicenda portò alle dimissioni di Umberto Bossi dalla carica di segretario, seguite da quelle dei suoi più stretti collaboratori. I rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega Nord e finiti sotto la lente degli inquirenti sono quelli raccolti tra il 2008 e il 2010, per un totale di 48.969.617 euro.

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Secondo l’accusa, i soldi non sarebbero andati solo a investimenti esteri ma utilizzati anche per spese personali, principalmente della famiglia Bossi. Per quanto riguarda l’inchiesta sull’irregolarità nell’utilizzo dei fondi, il Tribunale di Milano nel luglio 2017 ha condannato Umberto Bossi a 2 anni e 3 mesi di carcere, il figlio Renzo Bossi a 1 anno e 6 mesi e l'ex tesoriere Francesco Belsito a 2 anni 6 mesi. Parallelamente si è svolto invece a Genova (passato qui dalla procura di Milano per competenza territoriale) il processo per truffa ai danni dello Stato, riguardante i rendiconti irregolari presentati tra il 2008 e il 2010 al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici. Sempre nel luglio 2017, i giudici liguri hanno emesso le sentenze di primo grado: per il fondatore della Lega Bossi condanna a 2 anni e 6 mesi, per Belsito a 4 anni e 10 mesi e condanne minori per altre 5 persone (tre dipendenti del partito e due imprenditori).

Il sequestro dei fondi e il ricorso 

Nella stessa sentenza, i giudici di Genova hanno disposto anche la confisca diretta di quasi 49 milioni a carico del Carroccio, perché "somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”. Nel settembre 2017, la Procura di Genova ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma indicata. Ma le cifre effettivamente sequestrate nell’anno successivo ammontano a poco più di 2 milioni, soldi reperiti sui conti della Lega sparsi in tutta Italia. Per poter proseguire nell’esecuzione del sequestro, bloccando anche le somme ottenute successivamente dal partito, i pm hanno inoltrato una richiesta. Quest’ultima è stata però respinta dal Tribunale del Riesame di Genova. La decisione del Riesame è stata però poi ribaltata il 12 aprile 2018, quando la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, stabilendo "l'esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto di reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all'esecuzione del provvedimento genetico”.

Lega, intesa con la Procura: 600mila euro lʼanno per saldare i 49 milioni (in 80 anni) 

La Suprema Corte ha quindi rinviato gli atti ai giudici del Riesame di Genova, chiedendo loro di pronunciarsi nuovamente ma seguendo le indicazioni della Cassazione (quindi a favore dell’estensione del sequestro). Nel frattempo, sempre a Genova, è stata aperta un'inchiesta per riciclaggio, a carico di ignoti, sui soldi in questione, o almeno su una parte. Il sospetto dei giudici è che parte dei 49 milioni siano finiti all’estero, per poi rientrare in Italia, per sfuggire al sequestro. Sui conti del Carroccio, infatti, i magistrati non sono riusciti fino ad ora a reperire somme utili a coprire la cifra totale. Nel settembre 2018, il Tribunale del Riesame di Genova ha quindi accolto il ricorso della Procura, confermando il sequestro dei fondi della Lega. Nelle loro motivazioni i giudici scrivono che "siccome la Lega Nord ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato […] in quanto oggettivamente confluite sui conti correnti non può ora invocarsi l'estraneità del soggetto politico rispetto alla percezione delle somme confluite sui suoi conti e delle quali ha direttamente tratto un concreto e consistente vantaggio patrimoniale". Una decisione contro cui però la Lega ha fatto ricorso in Cassazione. Intanto il partito ha deciso comunque "di mettere a disposizione della procura somme di 100mila euro con cadenza bimestrale, pari a 600mila euro l'anno".

Questo fino al raggiungimento dei 49 milioni, in una sorta di pagamento a rate. Nuovamente in Cassazione, dopo il ricorso della Lega, il procedimento è stato respinto dalla Suprema Corte. Nel novembre 2018, i giudici hanno infatti confermato il sequestro dei 49 milioni, pur mantenendo l’accordo per la rateizzazione (per il quale ci vorranno quasi 80 anni per estinguere il “debito” verso lo Stato). 

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