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Venerdì, 1 Dicembre 2023
L'analisi

Massimo 3 mila migranti, tutto a spese dell’Italia. Perché il protocollo con l’Albania rischia il flop

Il governo Meloni punta a far sbarcare in territorio albanese circa 36 mila persone in un anno, un numero reso inverosimile dalle stesse norme approvate dall’esecutivo

Saranno massimo 3 mila i migranti che potranno stare, contemporaneamente, dall’altra parte dell’Adriatico. In questo numero, fissato nell’articolo 4 del protocollo sottoscritto dalla premier Giorgia Meloni e dal primo ministro albanese, Edi Rama, è probabilmente contenuto il fallimento annunciato della "campagna d’Albania" del governo.

Migranti, cosa c'è davvero nel protocollo Italia-Albania: il testo

Anche se l’operazione dovesse andare in porto e il documento dovesse quindi ottenere il definitivo via libera di tutti i livelli decisionali, la sua attuazione appare dunque una corsa a ostacoli.

Un "esilio" per pochi?

Quello che salta subito all’occhio è l’incompatibilità del protocollo con l’obiettivo fissato dal governo, ovvero riuscire a trasportare dai 36 mila ai 39 mila migranti in Albania in un periodo di dodici mesi, migranti che oltretutto dovrebbero essere salvati in acque extra territoriali, dove le navi delle autorità italiane non operano. Un numero davvero inverosimile, perché le strutture, anche se costruite in Albania e qualora quei migranti ci dovessero arrivare in qiualche modo, avranno di fatto la stessa gestione di quelle italiane e saranno regolate dalle medesime norme nazionali e comunitarie. Insomma, tutte le operazioni che attualmente si svolgono nei nostri Cpr, che in virtù di una norma varata dallo stesso governo Meloni possono trattenere i richiedenti asilo fino a 18 mesi, renderanno di fatto improbabile il continuo "ricambio" tanto agognato.

Le tante incognite della gestione

Il rischio concreto è che raggiunta fasicosamente la soglia dei 3 mila migranti trasportati in Albania, la macchina si inceppi, esattamente come è inceppata da anni nel Belpaese, con l’aggravante che le operazioni di trasferimento in porti più lontani rallenti ancor di più tutte le procedure. Altre grandi incognite riguardano la gestione delle strutture sul territorio albanese e la loro sicurezza, che graveranno completamente sull’Italia. Ad oggi, i Cpr "italiani" soffrono una forte carenza di personale, sia sul piano amministrativo che per quello che concerne il presidio delle forze dell’ordine, motivo delle tante "evasioni". Va da sé che difficilmente quelli albanesi disporranno del personale necessario per funzionare come orologi svizzeri.

I costi elevati

C’è poi la questione economica, che in un Paese che fa cassa sulle pensioni e aumenta l’Iva su beni di prima necessità non è cosa da poco. 16,5 milioni di euro, cifra non astronomica ma neanche risibile, saranno subito versati al governo albanese per l’attuazione del primo anno del protocollo. Oltre al personale già menzionato in precedenza, agli uomini e ai mezzi per gestire il trasporto dei migranti e a tutte le spese correlate, il nostro Paese si farà carico "di ogni costo necessario all'alloggio e al trattamento delle persone accolte nelle strutture, compreso il vitto, le cure mediche (anche nei casi che necessitano l'assistenza delle autorità albanesi) e qualsiasi altro servizio necessario, impegnandosi affinché tale trattamento rispetti i diritti e le libertà fondamentali dell'uomo, conformemente al diritto internazionale". Tutto come in Italia, ma lì tutto questo andrà portato, con tutti gli oneri che ne conseguono. Anche i costi di eventuali operazioni della polizia albanese all’esterno delle strutture, che dovessero riguardare disordini causati dagli ospiti o tentativi di "evasione", saranno addebitati al nostro Paese.

I ricorsi

Altro fattore che potrebbe allungare non poco il tempo di permanenza dei migranti nei Cpr "abanesi", sono i loro (sacrosanti) diritti. Per assicurare il diritto di difesa - si legge nel documento - le parti consentiranno l'accesso alle strutture agli avvocati, ai loro ausiliari, nonché alle organizzazioni internazionali e alle agenzie dell'Ue che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale, nei limiti previsti dalla legislazione italiana, europea e albanese applicabile. Facile immaginare che le strutture saranno particolarmente attenzionate dalle organizzazioni umanitarie, che si adopereranno per fare in modo che i migranti possano fare ricorso ai tribunali esattamente come se si trovassero in Italia. Morale della favola: il rischio reale è che al final della fiera 3 mila poveri disgraziati (o pochi di più) possano finire in un’odissea burocratica. Ne vale la pena?

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