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Venerdì, 19 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Che tristezza l'emergenza Quirinale

Non c'è nessuna "emergenza" per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale, subito, in tutta fretta. Una patina di tristezza avvolge il modo in cui, più che in passato, è stata affrontata dai partiti politici in queste settimane la lunga volata verso le elezioni del prossimo Presidente della Repubblica. Se il 10-20 per cento dei mille grandi elettori saranno fuori gioco causa Covid o perché in quarantena, che si fa, si domandano in tanti? E se dopo le prime tre votazioni l'accordo su un nome non ci sarà? Non succede nulla. Ci sono delle regole da seguire, e si fa politica, se si è in grado di farla. 

"La nostra proposta principale per il Quirinale è Mario Draghi, pensiamo sia la scelta migliore per la sua competenza ed autorevolezza, è rispettato in Europa e negli Stati Uniti. Funzionerebbe bene se fosse eletto già alla prima votazione, o almeno nelle prime tre, dovrebbe essere una soluzione alla Ciampi, con i partiti che si rendono conto di come questa sia la scelta migliore in una fase di emergenza" dice oggi Emilio Carelli, ex parlamentare M5S e ora deputato di Coraggio Italia, i centristi che potrebbero essere l'ago della bilancia. E' deprimente e fa impressione notare come una grande democrazia di sessanta milioni di abitanti, con una tradizione politica importante, si ritrovi ad affrontare un appuntamento simbolo con la parola "emergenza" sempre sullo sfondo (e non stiamo parlando di Covid). Era infatti "emergenza" anche nel 2013, quando Giorgio Napolitano venne richiamato a furor di parlamento dopo che, con quattro scrutini (mica 44), erano stati bruciati i nomi di Romano Prodi e Franco Marini. E in Aula nel discorso d'insediamento Napolitano stesso non mancò di strigliare i partiti, invitandoli a trovare un accordo di governo. "Siete stati sordi". E loro applaudivano. "Inconcludenti". Altri applausi. "Irresponsabili". Ovazione. Una delle scene più assurde degli ultimi anni.

Secondo qualcuno adesso l'emergenza va ritirata fuori come argomento per eleggere in tutta fretta Mario Draghi, magari con un accordo pre-24 gennaio perché ci sia un suo sostituto (ma chi?) in grado di trainare il governo fino alle elezioni politiche del 2023. Oppure perché il mandato di Mattarella scade il 3 febbraio e bisogna fare in fretta se si vuole mandare l'ex banchiere al Colle (ma nel caso, se si andasse avanti con più votazioni oltre quella data, il pallino istituzionale passerebbe nelle mani del presidente del Senato Casellati, senza conseguenze di nessun tipo sulla tenuta democratica).

Oppure l'emergenza, secondo qualcun altro, dovrebbe spingere a chiedere (non si capisce se fino a sfinirlo) a Mattarella un bis a tempo. C'è chi nel Pd lo continua a proporre, senza badare al fatto che Mattarella ha messo in chiaro che dopo 7 anni ha altri progetti. Ai partiti non si chiede la luna. Il lavoro di deputati e senatori è trovare un accordo politico sul prossimo presidente, anche dopo molte votazioni, come successo in passato.  Altrimenti non ci si stupisca che la percezione diffusa sia che i parlamentari non sappiano svolgere neppure le loro funzioni basilari, per cui sono stati eletti. E che il taglio dei parlamentari sia percepito da gran parte della popolazione come un successo, una vittoria contro le inefficienze del "palazzo".

Poi, che il centrodestra non sia in grado di mettere sul tavolo un nome credibile che non sia Berlusconi e che il centrosinistra sia incapace di andare oltre il nome di Draghi è un altro discorso. Ugualmente triste, ma forse meno sorprendente e meno grave. I partiti vadano alla conta parlamentare senza drammi eccessivi, qualcuno vincerà e qualcuno perderà. Sogniamo un presidente (di qualunque colore e partito politico) scelto da una rosa di papabili, pubblicamente nota e riconoscibile, di carisma, autorevolezza o prestigio variabili, non importa. Michele Serra l'ha definita una campagna presidenziale "bassa e impaurita", come "se fossimo per davvero un Paese che può vantare un uomo solo da onorare, Mario Draghi, e uno solo da evitare, Berlusconi". 

Nel 1964 il Presidente era stato eletto al ventunesimo scrutinio, nel 1971 al ventitreesimo, nel 1978 e 1992 al sedicesimo. Nel 1978 e nel 1992 la Repubblica stava affrontando snodi drammatici. Trovarono un accordo, a fatica, ma lo trovarono. Di salvatori della Patria non abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di politica.

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