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Martedì, 23 Aprile 2024
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Il reddito d'inclusione non basta: "Nuovi fondi o nasceranno poveri di serie A e B”

Al momento beneficerebbe del Rei soltanto il 42% delle persone che vivono sotto la soglia di povertà. Alleanza contro la Povertà, la rete di associazioni che ha da subito sponsorizzato l'introduzione della norma, chiede delle modifiche al Governo: “Almeno 7 miliardi da stanziare tra il 2018 e il 2020, per aiutare tutte le famiglie con un assegno dignitoso”

Da gennaio 2018 sarà operativo il Reddito d'inclusione (Rei), un provvedimento epocale perché rappresenta un primo passo nella lotta alla povertà in Italia. Ma come spesso accade nel nostro Paese, non è tutto oro quel che luccica. “Adesso dobbiamo vedere se servirà a creare una struttura solida contro la povertà o sarà l'ennesima riforma incompiuta”: queste la parole con cui l'onorevole Francesco Prina ha aperto la conferenza stampa dell'Alleanza contro la Povertà sulla legge di Bilancio, tenutasi questa mattina alla Sala Conferenze Stampa della Camera dei Deputati. 

Infatti il Rei “nato in sinergia tra il Governo e Alleanza contro la Povertà” è una norma rivoluzionaria perché, come affermato dall'Onorevole Prina, “non rappresenta una sorta di 'mancia', ma una norma che sia continuativa nel tempo”. Un provvedimento che ha ancora qualche 'crepa' nella sua struttura, soprattutto sotto tre aspetti, ben delineati in conferenza dal presidente nazionale delle Acli, Roberto Rossini, e dal dottor Cristiano Gori

Numero di poveri raggiunti, fondi e percorsi d'inclusione sociale, sono i tre aspetti del Rei criticati da Alleanza contro la Povertà, la rete di 35 associazioni che per prima si occupò di promuovere questa iniziativa. 

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Poveri di serie A e di serie B

In Italia ci sono 4,75 milioni di persone che vivono in povertà assoluta, un numero che corrisponde al 7,9% della popolazione. Di questi soltanto 1,8 milioni, ossia il 38%, potranno avere accesso al Rei, lasciando senza 'aiuto' il restante 62%. “La norma cosi com'è rischia di creare una discriminazione tra chi riceve il Rei e chi no. Una divisione che potrebbe essere accettata soltanto se temporanea, ma che con il passare del tempo potrebbe danneggiare sia i poveri di oggi che le persone che potrebbero trovarsi in stato d'indigenza in futuro”: ha affermato il presidente delle Acli Rossini. 

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Secondo le stime diffuse dal Governo, l'assegno destinato alle famiglie è in media di 289 euro al mese (da 177 euro per il singole ai 308 per nuclei sopra i 5 componenti). Una cifra inadeguata secondo Alleanza contro la Povertà, per cui la somma media dovrebbe essere di  396 euro (da un minimo di 316 a un massimo di 710 euro). 

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I fondi da stanziare 

Il secondo tema sollevato da Alleanza contro la povertà è quello degli stanziamenti: attualmente la norma non riesce a raggiungere tutto il bacino di persone che vivono sotto la soglia di povertà, ma con un finanziamento inadeguato si rischia di non dare alcun aiuto alle persone che percepiranno il Rei: “Se il reddito d'inclusione non permette agli individui di cambiare la loro condizione – ha affermato il dottor Gori analizzando i dati – potrebbe risultare inutile. Se non si riesce con il contributo a sollevare il livello economico di una famiglia, adempiendo a tutti quei fattori fondamentali come la casa, il vestiario e i trasporti, il Rei non provoca alcun cambiamento”.

Poi vi è un altro rischio legato ai finanziamenti espresso dal dottor Gori: “Magari in campagna elettorale si giocherà molto sul numero di poveri raggiunti, ma questo ci pone davanti ad un pericolo concreto: quello che volendo massimizzare il numero di beneficiari senza investire a sufficienza si assistano sempre più persone senza dar loro la possibilità di raggiungere uno standard di vita dignitoso”.  Proprio per scongiurare queste eventualità, Alleanza contro la Povertà ha proposto lo stanziamento di 7 miliardi di euro (5 in più rispetto a quelli erogati attualmente) da spalmare nel triennio 2018 e 2020. Tale cifra servirà non soltanto a raggiungere tutti i quasi 5 milioni di poveri presenti in Italia, ma riuscirà a risollevare le sorti delle famiglie in difficoltà, migliorando sensibilmente le loro condizioni di vita. 

Politiche d'inclusione

Il terzo fattore sui cui servirà un grande sforzo sarà quello del welfare locale: “Regioni, Comuni, Enti locali e uffici dell'impiego dovranno lavorare in sinergia per aiutare le persone ad uscire dallo stato di povertà – ha detto il portavoce Gori – per costruire una società che funzioni bisogna non soltanto aiutare i più poveri, ma anche aumentare i posti di lavoro sul territorio”.

Al momento si prevede che il 15% dei finanziamenti statali contro la povertà sia destinato ai Comuni per i questi percorsi, ma secondo le analisi effettuate da Alleanza contro la Povertà in collaborazione con il ministero del Welfare, si tratta di una somma inadeguata, che dovrebbe essere aumentata almeno fino al 20%. 

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Le richieste

In sintesi, le modifiche richieste e motivate in conferenza stampa servono proprio a risolvere queste tre criticità presenti in una norma accolta in maniera favorevole dall'opinione pubblica. In primis allargare il bacino di persone fino alla totalità dei poveri presenti in Italia, evitando ogni tipo di discriminazione. Aumentare i fondi almeno fino a 7 miliardi di euro, distribuendoli in un piano triennale (2018-2020); 5 miliardi in più di quelli stanziati fino ad oggi, che rappresentano meno dell'1% della spesa pubblica italiana. Infine un adeguata collaborazione tra Governo ed enti sociali nel welfare locale, per fornire gli strumenti necessari per arrivare un robusto sistema di monitoraggio, oltre che per aiutare le faamiglie in difficoltà, attraverso il lavoro, a migliorare le condizioni economiche. Adesso la 'palla' passa al Governo, ma se il Rei dovesse rimanere così, forse sarebbe meglio chiamarlo “Reddito d'esclusione”. 

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