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Giovedì, 28 Marzo 2024
Punto per punto

Giustizia, cannabis ed eutanasia: tutti i referendum su cui si decide

"Un'occasione storica per far vivere la lettera e lo spirito della Carta su cui si fonda la repubblica'' hanno detto Marco Cappato e Marco Perduca

Referendum su giustizia, cannabis e eutanasia. Sono arrivati ad un passaggio cruciale. Adesso si esprime la Corte Costituzionale, la quale dovrà valutarne l’ammissibilità e la compatibilità con la massima fonte del diritto italiano: la carta costituzionale appunto. Dopo l’ok della Suprema Corte di Cassazione, che ne ha invece analizzato la conformità di legge, saranno ora le toghe a dire la loro. Se ci dovesse essere il via libera, si aprirà ufficialmente la stagione referendaria, nella quale i cittadini dovranno essere informati al meglio sui referendum e i possibili scenari, per poi andare a votare nella massima consapevolezza.

"I giudici costituzionali hanno un'occasione storica per far vivere la lettera e lo spirito della Carta su cui si fonda la repubblica'' hanno scritto in una nota Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni e Marco Perduca, presidente del comitato cannabis legale. ''La Carta pone pochi e chiari limiti a quali siano le materie non referendabili. - proseguono Cappato e Perduca - Confidiamo che i giudici costituzionali operino nel e per il pieno rispetto della Costituzione consentendo una primavera di democrazia diretta su temi tanto popolari quanto urgenti per la qualità della vita e l'amministrazione della giustizia penale e penitenziaria nel nostro paese". Domani dunque, mentre la Corte costituzionale esaminerà i sei referendum sulla giustizia, il quesito sull'eutanasia e quello sulla cannabis, davanti Palazzo della Consulta ci saranno i promotori dei referendum, fra cui i parlamentari di Più Europa perché, come ha spiegato il deputato Riccardo Magi "si tratta di riforme che da decenni il nostro Paese aspetta e sulle quali il parlamento oggettivamente non ha saputo segnare una svolta, nonostante l'attesa cittadini". Andiamo dunque a vedere su quali quesiti gli italiani potrebbero essere chiamati a votare di qui a breve:

  • Referendum giustizia
  • Referendum cannabis
  • Referendum eutanasia

Giustizia: la responsabilità diretta dei magistrati

Uno dei quesiti riguarda la responsabilità diretta dei magistrati. Secondo la legge attualmente in vigore, chi oggi è vittima di un errore giudiziario può chiamare in causa lo Stato che poi, entro due anni dal risarcimento, ha l'obbligo di rivalersi nei confronti dello stesso magistrato. Se vince il "sì" si introduce la possibilità di chiamare direttamente in causa il magistrato che ha procurato illecitamente il danno. I magistrati saranno considerati alla pari di tutti i funzionari pubblici. Secondo i promotori del referendum infatti (Lega e Radicali) in questo momento in Italia viene disattesa la Costituzione che, all’articolo 28, vuole che ogni singolo funzionario, compresi i giudici, siano direttamente responsabili per i danni causati nell’esercizio delle proprie funzioni. Lo scopo è quello di responsabilizzare i magistrati, preservarne l’onorabilità di corpo e scongiurare abusi, azioni dolose o gravi negligenze. Per questo si permetterebbe al cittadino di poter chiamare in giudizio direttamente il magistrato. Chi è contrario sostiene (non da oggi) che così facendo si minerebbe l'indipendenza e l'imparzialità del potere giudiziario in quanto ai togati verrebbe a mancare la serenità di poter decidere autonomamente, senza temere conseguenze. 

Il quesito. "Volete voi che sia abrogata la Legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 2, comma 1, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 4, comma 2, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 6, comma 1, limitatamente alle parole “non può essere chiamato in causa ma”; art. 16, comma 4, limitatamente alle parole “in sede di rivalsa,”; art. 16, comma 5, limitatamente alle parole “di rivalsa ai sensi dell’articolo 8”?".

Giustizia: innocenti in carcere e limiti della custodia cautelare

A questo proposito la Costituzione è molto chiara: "L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Ciò comporta il divieto di anticipare la pena, a meno che non si renda necessario disporre le così dette misure cautelari. La carcerazione preventiva deve (o dovrebbe) essere motivata da specifiche esigenze cautelari: pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato.  Secondo il partito Radicale tuttavia "lo strumento della custodia cautelare in carcere ha subìto una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, a vera e propria forma anticipatoria della pena con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza". Per questo nel referendum si propone di limitare la possibilità di ricorrere al carcere prima di una sentenza definitiva. Si parla di inserire dei limiti che riguardano in particolar modo la reiterazione del reato, a meno che non si tratti di "gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale" oppure di "delitti di criminalità organizzata”. Se vince il “sì”, resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi e si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato". Questa è la motivazione che viene utilizzata più di frequente per disporre la custodia cautelare, molto spesso senza che questo rischio esista veramente.

Il quesito. "Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché’ per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?".

Giustizia: separazione delle carriere tra giudici e pm

Un altro quesito del referendum riguarda la separazione delle carriere.  Ad oggi i magistrati della pubblica accusa e quelli chiamati a giudicare sono inseriti in un'unica categoria professionale. Nel corso della loro carriera i magistrati passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Per i proponenti però "questa contiguità tra il pubblico ministero e il giudice rischia di creare uno spirito corporativo tra le due figure e di compromettere un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico". Il quesito punta dunque a stabilire che il magistrato, "una volta scelta la funzione giudicante o quella requirente all'inizio della carriera, non possa più passare all'altra". Se vince il “sì” il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

Il quesito. "Volete voi che siano abrogati: l’ “Ordinamento giudiziario” approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura”; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché’ disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché’ per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché’ in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, ne’ con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché’ sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art. 13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art. 13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art. 13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160.”?".

Giustizia: abolizione della legge Severino

Il decreto legislativo che porta la firma dell’ex ministro della Giustizia Paola Severino prevede l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. Ha valore retroattivo e prevede, anche a nomina avvenuta regolarmente, la sospensione di una carica (fino a 18 mesi) comunale, regionale e parlamentare se la condanna avviene dopo la nomina del soggetto in questione. Secondo i promotori del referendum l'ultima parola deve invece spettare al giudice che può stabilire, oppure no, in base al caso specifico, se comminare, oltre alla sanzione penale, anche la sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici e per quanto tempo. Con il sì viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo: si restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Il quesito. "Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?".

Giustizia: equa valutazione dei magistrati

La valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati è operata dal Csm che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, organismi territoriali nei quali, però, decidono solo i componenti appartenenti alla magistratura. Questa sovrapposizione tra “controllore” e “controllato” rende poco attendibili le valutazioni e favorisce la logica corporativa. Con il referendum si vuole estendere anche ai rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari la possibilità di avere voce in capitolo nella valutazione. Con il sì viene riconosciuto anche ai membri “laici”, cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.

Il quesito. "Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?".

Giustizia: riforma del Csm

Secondo i proponenti, "il caso Palamara ha portato alla luce i guasti del sistema delle correnti e il primo passo per poterlo sradicare è quello di superare il potere di veto delle correnti all'interno del Csm". Attualmente un magistrato che voglia candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme. Con il referendum verrebbe abolito il vincolo delle firme in modo da permettere "a tutti i magistrati di candidarsi, senza dover sottostare al condizionamento delle correnti". Si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura. 

Il quesito. "Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?".

Referendum sull'eutanasia

Con la vittoria del referendum sull’eutanasia, verrebbe abrogata una parte dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente). Chiunque induca la morte in modo attivo  un paziente maggiorenne, in determinate condizioni psico-fisiche e totalmente consenziente, non potrà essere penalmente perseguito. In caso di approvazione, si passerebbe dal modello della "indisponibilità della vita", sancito dal codice penale del fascismo nel 1930, al principio della "disponibilità della vita" e dell’autodeterminazione individuale, già introdotto dalla Costituzione, ma che deve essere tradotto in pratica anche per persone che non siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale (per i quali è invece intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza Cappato - Antoniani). Con questo intervento referendario l’eutanasia attiva, potrà essere consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni.

Il quesito. "Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n.1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da 6 a 15 anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?".

Referendum sulla cannabis

Il referendum cancella le sanzioni penali, dunque il carcere per la coltivazione e uso domestico della cannabis. Allo stesso tempo cancella la peggiore delle sanzioni amministrative, cioè la sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori per tutti coloro che fanno uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa. Il referendum vuole depenalizzare la condotta di coltivazione della cannabis e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito, mantenendo però le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione che possono essere applicate per l’uso non personale di tutte le sostanze. Cosa succederebbe se vince il "sì"? Secondo i promotori "non ci sarebbero più perquisizioni, denunce, reprimende dal Prefetto, non ci sarebbe più la negazione di una attività non violenta che è la coltivazione e non ci sarebbero problemi per uso personale delle sostanze, che invece vanno a creare problemi all’amministrazione della giustizia dei tribunali e danno alle già sovraffollate carceri italiane quasi il 30% dei detenuti".

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