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Venerdì, 29 Marzo 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Perché non ci sono speranze per i referendum sulla giustizia

Il vero problema della bocciatura dei referendum (eutanasia, cannabis e uno sulla giustizia) da parte della Corte Costituzionale non è tanto il fatto di aver negato agli italiani la possibilità di decidere, ma quello di aver gambizzato anche i cinque quesiti sopravvissuti. Ecco spiegato il perché. 

Si entra ora in un periodo di propaganda, nel quale i partiti politici si schiereranno e faranno campagna per il "sì" o per il "no" dei referendum rimasti. Poi si vota. Ma in Italia, a differenza di altri Paesi, per far valere la decisione delle urne, deve votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Siamo parlando di circa 35milioni di italiani (dati del 2006 del Ministero dell’Interno). Dunque è vero che quasi tutti i referendum sulla giustizia sono stati promossi, ma arriveranno alle urne azzoppati dalla decisione presa su eutanasia e cannabis. Senza quelli il quorum è quasi impossibile. Già, con la bocciatura della proposta sul fine vita, era praticamente stata decretata la fine di tutti gli altri. Lo stop alla cannabis è stata la pietra tombale. Ne sono convinti i promotori della campagna per i "sì" ai referendum. Ma sono a anche i numeri a dircelo.  

Questione di matematica. La proposta di abrogazione della norma che punisce l’omicidio del consenziente aveva ricevuto il maggior numero di firme, con la sottoscrizione di 1,24 milioni di italiani. Quelli sulla giustizia hanno raccolto 700 mila firme, ma in realtà sono poi passati da un’altra strada, cioè quella dei consigli regionali (Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto). La cannabis è andata ancora peggio con 630 mila firme, raccolte esclusivamente online. Inoltre questi numeri sono compatibili col dato anagrafico di un Paese, l’Italia, con una età media di 46 anni. Le persone più vecchie, o comunque più adulte, sono più sensibili alle questioni sanitarie e ai problemi dei malati. Invece la cannabis richiama una popolazione più giovane ma meno numerosa. In mezzo c'è la giustizia, che potrebbe anche trovare grande consenso, ma in maggioranza fra chi se ne interessa o addetti ai lavori. Fatto non scontato quest’ultimo, soprattutto se si guarda alla povertà delle discussioni sui temi referendari e i dati dell’astensionismo delle ultime elezioni comunali.

Insomma, il referendum sull’eutanasia era il vero traino della primavera referendaria verso la quale si sarebbe dovuti andare. Adesso, con l'affossamento del referendum sulla cannabis, i cinque quesiti rimanenti non riusciranno a vedere la luce perché, da soli, non saranno in grado di chiamare alle urne mezzo Paese. Peccato. Se i referendum sono la risposta all’inerzia di partiti sempre più in crisi e del Parlamento, la sconfitta dei referendum ai punti, e non per ko dell’avversario, rappresenta la sconfitta della politica. 
 

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