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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Italia

Il referendum taglia parlamentari e rappresentanza ma quanto si risparmia davvero?

Con il taglio di 345 parlamentari le Camere passerebbero dagli attuali 945 eletti ai futuri 600. Una 'sforbiciata' che vale 82 milioni di euro l'anno ma se calcolato al netto di tasse e contributi è molto minore. E rivoluzionerebbe la rappresentanza

La riforma costituzionale sottoposta al referendum del 20 e 21 settembre prevede il taglio di 345 parlamentari: in pratica le Camere passerebbero dagli attuali 945 eletti ai futuri 600. Una 'sforbiciata' pari al 36,5% dei parlamentari complessivi che per il Movimento 5 stelle, principale partito che ha presentato e sostenuto la riforma, porterà ad un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, circa 100 milioni annui.

Quanto si risparmia con il taglio dei parlamentari

Come spiega l’osservatorio dei Conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli, il risparmio lordo annuo che si otterrebbe riducendo il numero di parlamentari ammonta a 53 milioni di euro per le casse della Camera e a 29 milioni per quelle del Senato, per un totale di 82 milioni. Tuttavia, il vero risparmio per lo Stato deve essere calcolato al netto e non al lordo delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato stesso: pertanto “il risparmio netto generato dall’approvazione di questa riforma sarà molto più basso (285 milioni a legislatura o 57 milioni annui) e pari soltanto allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana. Un euro all’anno suddiviso per ciascun italiano: il prezzo di un caffé.

Perché si tiene il referendum

Il referendum sul taglio degli eletti si è reso necessario poiché la legge di riforma costituzionale non è stata approvata a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera e un quinto dei senatori ha potuto richiedere il referendum confermativo (71, appartenenti a quasi tutti i gruppi parlamentari e partiti). Infatti in seconda deliberazione al Senato della Repubblica, l'11 luglio 2019, espressero il proprio voto contrario i senatori del Partito Democratico e di Liberi e Uguali, allora opposizione del Governo Conte I, mentre Forza Italia non partecipò al voto.

Se al referendum (che non prevede la necessità di quorum) vinceranno i sì, alle prossime elezioni politiche si avrà una riduzione del numero dei Deputati, che passano da 630 a 400 totali, e dei Senatori, che scenderanno a 200 totali dagli attuali 315.

Vediamo quindi nel dettaglio cosa prevede la riforma costituzionale approvata in via definitiva lo scorso ottobre. A votare sì oltre al M5s anche il Pd, Leu e Italia viva nonostante nelle tre precedenti votazioni avvenute durante il primo governo Conte avessero votato contro. Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega.

Referendum, cosa succede se vince il sì

  • Alla Camera i Deputati complessivi scenderanno da 630 a 400. Occorrerà pertanto un decreto legislativo per ridisegnare i 232 collegi uninominali e i 63 collegi plurinominali.
  • I Deputati eletti all'estero passano dagli attuali 12 a un massimo di 8.
  • Il maggior effetto si avrebbe sulla rappresentanza ovvero il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto. Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenta da 96.006 a 151.210.
  • La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per 392 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
  • Al Senato della Repubblica i senatori passano dagli attuali 315 a un totale di 200: occorrerà un decreto legislativo per ridisegnare i 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.
  • I Senatori eletti all'estero passano da 6 a 4.
  • Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce da 188.424 a 302.420. Inoltre la Riforma diminuisce da 7 a 3 il numero minimo dei senatori per Regione o Provincia Autonoma tranne Molise (2 senatori) e della Valle d'Aosta (1 senatore)
  • La riforma prevede espressamente che il numero massimo di senatori a vita non possa essere superiore a 5. Resti immutata la facoltà di nomina che spetta al Presidente della Repubblica per "cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario".

Referendum come votare il taglio dei parlamentari: pro e contro

Nonostante la maggioranza delle forze parlamentari abbiamo votato la riforma, vi sono diverse voci in dissenso anche internamente ai partiti.

Ufficialmente sono schierati a favore del sì M5s, Pd, Lega e FdI.

Hanno invece lasciato libertà di voto Forza Italia, Italia viva, e l'area di Leu proveniente da Articolo 1.

Sono schierati per il No +Europa, Azione e Sinistra italiana, assieme ai Comitati promotori del referendum, in cui figurano diversi esponenti politici di vari partiti, dal Pd a Forza Italia.  

Referendum taglio parlamentari, perché sì

Movimento 5 stelle - Capofila dei sostenitori del sì al taglio dei parlamentari è il Movimento 5 stelle, 'padre' della riforma che rappresenta uno dei primi cavalli di battaglia dei pentastellati. Tutto il Movimento è sceso in campo a sostegno delle ragioni del Sì che, per i 5 stelle, risiedono non solo nei risparmi che si avranno dalla riduzione degli eletti, ma anche nella velocizzazione dei processi decisionali e in una maggiore efficienza del Parlamento stesso. "Questa è una riforma per i cittadini che ci farà risparmiare 300 mila euro al giorno" ha detto ad esempio Luigi Di Maio. "La riforma del taglio dei parlamentari riporta efficienza e allinea l'Italia alle altre democrazie europee per numero di parlamentari", è il ragionamento di Vito Crimi. 

Partito Democratico: i dem sono schierati ufficialmente per il Sì con la decretazione della Direzione del partito di lunedì 7 settembre, approvando la proposta del segretario Nicola Zingaretti. Il leader dem ha infatti legato a doppio filo il taglio dei parlamentari alle altre riforme costituzionali e alla nuova legge elettorale, frutto di un accordo di maggioranza siglato lo scorso autunno. Il sì del Pd all'ultima votazione alla Camera, dopo aver votato sempre no, è stato conseguenza diretta della nascita del governo giallorosso, conditio sine qua non posta dai 5 stelle, e dopo che la maggioranza ha stabilito un pacchetto di riforme che hanno l'obiettivo di controbilanciare gli effetti del taglio dei parlamentari. A tal fine i dem spingono per approvare successivamente al referendum il superamento del bicameralismo perfetto, introducendo ad esempio la sfiducia costruttiva e la revoca dei ministri. "Il sì al referendum non è punto di arrivo, ma punto di partenza per riforme più larghe costituzionali", ha detto il capo delegazione del Pd Dario Franceschini. Non mancano tuttavia all'interno dei dem voci in disaccordo, a sostegno del No. Diversi gli esponenti dem che, in dissenso dalla linea del partito, voteranno No: tra questi, Matteo Orini, Luigi Zanda, Tommaso Nannicini (tra i promotori del referendum costituzionale) così come l'ex segretario Valter Veltroni.

Lega: il partito di Matteo Salvini ha sempre votato a favore della riforma in Parlamento ed è ora schierato a sostegno del Sì. All'interno della Lega aumentano i 'big' che si schierano a favore del No, come Giancarlo Giorgetti e il governatore lombardo Attilio Fontana.

Fratelli d'Italia: il partito di Giorgia Meloni ha votato in Parlamento a favore della riforma ed è ufficialmente schierato per il Sì.

Referendum taglio parlamentari, perché no

I partiti contrari alla riforma motiva le sue ragioni con una battaglia contro il populismo e il garantismo e a difesa della democrazia e della rappresentanza, spiegando che con il taglio dei parlamentari questa viene messa duramente a rischio:

+Europa sostiene che la riforma sia una mutilazione del parlamento ed Emma Bonino denuncia che la riduzione del numero dei parlamentari senza un disegno complessivo sia pura demagogia.

Azione: il partito di Calenda è nettamente contrario alla riforma denunciando un taglio indiscriminato che leva rappresentanza a una Camera e che complica il lavoro parlamentare.

Referendum taglio parlamentari, le voci in dissenso

Hanno scelto di lasciare libertà di voto:

Italia Viva dove è forte la posizione nettamente contraria alla riforma da sempre espressa da Roberto Giachetti mentre lo stesso Renzi e  Maria Elena Boschi così come il capo delegazione Teresa Bellanova, non hanno mai dichiarato pubblicamente come voteranno, pur non nascondendo alcune perplessità. Per l'ex premier "che vinca il Si' o il No al referendum del 20 e 21 settembre, il giorno dopo avremo un problema: dovremo rimettere mano alle regole del gioco, come la legge elettorale e il bicameralismo perfetto".

Forza Italia pur avendo sempre votato a favore della riforma, ha lasciato libertà di voto. Tra gli azzurri schierati per il Sì figurano lla capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini e la vicepresidente Mara Carfagna (pur non nascondendo alcune perplessità). È per il No l'altra capogruppo, Anna Maria Bernini. Lo stesso Berlusconi ha invitato i cittadini ad andare alle urne, ma ha anche spiegato che, "fatto cosi', come lo vogliono i grillini, il taglio dei parlamentari rischia di essere solo un atto di demagogico che limita la rappresentanza, riduce la libertà e la nostra democrazia".

Liberi e Uguali ha votato a favore del via libera finale alla riforma ma è diviso al suo interno: la corrente proveniente da Sinistra Italiana è per il No, quella da Articolo 1 ha lasciato libertà di voto ma alcuni big, come Bersani, sono schierati per il sì.

Referendum taglio dei parlamentari e rappresentanza

Tra le principali contestazioni al taglio dei seggi è l'aumento del numero di abitanti che farebbero riferimento a ogni parlamentare, facendo crescere di conseguenza la distanza tra la popolazione e i suoi rappresentanti.

  • Attualmente in Italia ciascun deputato rappresenta 96.006 cittadini, dopo la riforma ne dovrebbe rappresentare 151.210.
  • Attualmente ciascun senatore rappresenta un bacino di 188.424 cittadini, dopo la riforma ne dovrebbe salirebbe a 302.420.

Davvero si diminuirebbe la rappresentatività del parlamento? Per i sostenitori del no si tratta di un pericolo per la democrazia mentre i sostenitori del sì portano l'esempio di come in Europa l’Italia sia il paese con il numero più alto – in termini assoluti – di parlamentari direttamente eletti dal popolo.

Oggi si registra un eletto ogni 64mila persone, dopo l’eventuale entrata in vigore della riforma costituzionale, il rapporto salirebbe ad un eletto ogni 101mila persone. In Germania il rapporto è di un parlamentare ogni 117mila cittadini, la Francia di uno ogni 116mila, il Regno Unito di uno ogni 102mila. In Spagna un parlamentare rappresenta 84mila abitanti, in Belgio 76mila e Malta addirittura settemila.

Un confronto tra le sole camere basse, reso possibile per l’omogeneità di composizione poiché tutte prevedono l’incarico elettivo, mostra che con questa riforma l’Italia diventerebbe il paese dell’Ue con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione, ovvero 0,7 ogni centomila abitanti. Il paese che ha il rapporto più alto è Malta, con 14,4 deputati ogni centomila abitanti.

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Meno parlamentari significa più potere dei leader dei partiti? Chi vota no al referendum sostiene che con gruppi parlamentari più piccoli aumenterebbe la capacità di controllo del dissenso interno ai gruppi parlamentari. Inoltre la produttività di ciascun parlamentare sarebbe minata dal fatto che il lavoro dell’attività di commissione sarà distribuito su meno persone.

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