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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Renzi-Marchionne, che sia risbocciato il grande amore?

Prima la stima, poi le incomprensioni. Storia del rapporto tra il sindaco di Firenze e l'amministratore delegato della Fiat

Si erano presi e poi si erano lasciati in malo modo, a pesci in faccia. A volte, per i grandi ‘amori’ o le grandi amicizie, va così. Una parola di troppo, un’incomprensione e quello che pareva pietra si rivela di carta. Tanto da far crollare il castello. Tutto poi è rinviato alle sentenze del tempo: che sa distruggere o sa riparare. Se Sergio Marchionne non fosse l’amministratore delegato della Fiat e Matteo Renzi non fosse il sindaco di Firenze in pole position per la segreteria del Pd e la guida del Paese, la metafora velatamente romantica non farebbe una piega. Tuttavia ognuno è quello che è, e qui non si tratta di fare della bella poesia ma politica e impresa. Magari procedendo a braccetto e magari in questo formando una sorta di cartello per mettere all’angolo la Cgil (in particolar modo la Fiom). Finché l’idillio va in fiamme nel giro di un pomeriggio, appena uscita un’agenzia che raccontava di un Marchionne che se la prendeva con la “piccola e povera” Firenze.

PROVE DI PACE RENZI-MARCHIONNE

Nel giro di un’ora la sommossa web ‘viola’ era già storia. Alla guida della piccola ma orgogliosissima rivolta proprio Matteo Renzi, in sindaco della città. Anche perché a Firenze vale il detto, ‘scherza coi fanti ma lascia stare i santi’. Tradotto: lo scherzo è bello finché non tocca Firenze, soprattutto se sei un ‘forestiero’. La storia lo insegna: dai Guelfi ai Ghibellini in avanti, solo ai fiorentini è consentito parlar male di Firenze. Marchionne con quel ‘povera e piccola’ fece quello che la Nazionale fa con l’Italia. Dal web al grido ‘noi abbiamo la Cupola del Brunelleschi voi la Multipla’, si scatenò la corsa all’insulto. Spesso ironico, a volte più pesante o quantomeno minaccioso: “con me la Fiat ha chiuso”. Dal danno o dallo scivolone, alla beffa economica vera e propria.

Seguendo questa logica, non ci andò leggero neppure Matteo Renzi: “Marchionne ha tradito gli operai. Qualsiasi risultato abbia ottenuto e otterrà, avrà questa macchia di aver preso in giro lavoratori e politici dicendo una cosa che non avrebbe fatto”. E ancora: “Non ho mai immaginato Marchionne come modello di sviluppo per l’economia quando andava ai congressi Ds dove c'erano D'Alema e Bersani, e Bertinotti ne parlava come il borghese buono. Ho solo detto in una intervista a Enrico Mentana che se fossi stato un elettore della Fiat al referendum – riferendosi alla consultazione di Pomigliano d’Arco per Fabbrica Italia – che aveva alcuni profili di ricatto politico che Marchionne poneva, che avrei votato per il sì, senza se e senza ma”.

SENZA SE E SENZA MA – Già il referendum di Pomigliano, il momento segnò la massima intesa. Marchionne che mette a referendum il nuovo patto sindacale per il lavoro e Renzi che dichiara deciso: “Sto con lui, senza se e senza ma”. Una frase che non piacque a sinistra e che creo una vera e propria crepa con il sindacato e l’ala più radicale del Pd. “Senza se e senza ma” fino a quel “piccola e povera”. Con Renzi pronto a rovesciare il tavolo. Un po’ perché è innamorato, anzi ‘malato’ di Firenze. Un po’ perché in tempo di primarie, perché allora il sindaco era in piena campagna elettorale, le parole dell’ad Fiat parvero un tocca sana per ricucire lo strappo con l’area operaia. Da qui quel “ha tradito”. Parola che Marchionne, una volta letta in agenzia, non mancò di commentare, contrattaccando a muso duro:  Matteo Renzi “è la brutta copia di Obama ma pensa di essere Obama”.

Replica e controreplica del sindaco, un po’ come in una pedana con due fioretti in mano: “Marchionne ha replicato che io sono “una brutta copia di Obama” e che Firenze “è una città piccola e povera”. Vorrei dire all’ingegner Marchionne che è liberissimo di pensare che io non sia un politico capace. Ma prima di parlare di Firenze, città che ha dato al mondo genio e passione, faccia la cortesia di sciacquarsi la bocca, come diciamo in riva d’Arno. Attacchi pure me, ma che senso ha offendere una città che si chiama Firenze e i suoi abitanti?”. C’eravamo tanto amati, è finita a ‘coltellate’. Fino a questa mattina, quando tra strette di mano, quel “io non ho mai usato quell’espressione” (‘pretty, old town’), battute e un breve colloquio, l’idillio sembra essere rinato. Un amico ritrovato, dal peso specifico pari ad un primo ministro, fa sempre comodo soprattutto se c’è in ballo la segreteria Pd o, ampliando lo sguardo, la corsa per palazzo Chigi.

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