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Giovedì, 25 Aprile 2024
Nuovo governo

I primi 100 giorni di Matteo: ecco il "programma Italia" del premier

Renzi ‘piè veloce’, che della "fretta" ha fatto la sua bandiera, si sta già scontrando con le resistenze arcigne romane. Due giorni di tempo per le consultazioni. Parallelamente, la squadra di governo. E poi le riforme per dare la scossa: ecco la road map mese per mese

A febbraio la composizione del nuovo governo, le riforme costituzionali e la legge elettorale, l'Italicum; a marzo il lavoro; ad aprile la sburocratizzazione; a maggio il fisco. E a giugno, il premier si riposerà? No, a giugno ci sono i Mondiali. Versione cattiva. Poi c’è quella buona, o di senso: è meglio la prudenza per via di un sistema malato, farraginoso, corrotto nei tempi e nei modi, o l’ambizione del novellino? La domanda è retorica, la risposta è incerta. Sì perché Renzi ‘piè veloce’, che della fretta (che non è sempre sinonimo di velocità) ha fatto la sua bandiera si sta già scontrando con le resistenze arcigne romane. Due giorni di tempo per le consultazioni, poi il programma. Parallelamente, la squadra di governo, con le caselle buone da riempire: ballerine perché in un Parlamento che non è il tuo, con degli alleati innaturali, ognuno vuole il suo pezzo di pane. Altro che carro da spingere, c’è da fare il fornaio. E tuttavia agli italiani – e all’Europa – al di là dei ghirigorii del politichese, interessa il ‘sodo’. Quel che Renzi ha in mente di fare per dare la scossa, infilare le dita del Paese nella presa della corrente per far ripartire la macchina. In sintesi e di massima:

FEBBRAIO – La vicenda Renzi, l’era Renzi, prenderà le mosse dalle riforme. Ora, è vero che le riforme costituzionali hanno tempi sanciti dall’articolo 138 della Costituzione, e su questo non si può sgarrare. E’ anche vero però che Renzi, su raccomandazione di Napolitano, è deciso ad avviarle in tempi brevissimi. In questo caso, l’idea portante si sta incentrando sulla trasformazione del Senato da parlamentare a federale. Quel mettersi alle spalle il bicameralismo perfetto – giudicata, in occidente, una forma bizantina del dispiegarsi del potere legislativo –, per far approdare le Repubblica al monocameralismo. In questo caso le leggi, così come la fiducia al Governo, traghetterebbero solo alla Camera. Mentre a palazzo Madama si accomoderebbero un centinaio di sindaci, quelli delle città più rappresentative, i presidenti delle Regioni e un manipolo di esponenti della società civile. Questo, compreso il riordino delle Province e aree metropolitane - il disegno di legge Delrio - e più in generale la riforma del Titolo V della Costituzione per un risparmio di un miliardo di euro all’anno.

MARZO – A marzo invece, il premier ha intenzione di dar corpo, game e fiato al Jobs Act. La riforma del lavoro incentrata sulla flessibilità in uscita (modello Ichino, Boeri). Ciao, ciao articolo 18, così come la gestione del pacchetto energetico nazionale attualmente in gestione alle Regioni. Cosa c’entra l’energia? C’entra, perché incide sul costo del lavoro, capitolo sul quale Renzi proverà a scardinare magari andando a toccare il cuneo fiscale.

APRILE – In questo capitolo tutto ruota attorno ad un asse di riferimento: la comparazione delle regole per i dipendenti pubblici con quelle del lavoro privato. Così la squadra del premier proverà ad inserire una serie di accorgimenti da sempre considerati un tabù. Come racconta il Corriere.it:

“La mobilità interna alla flessibilità, all’orario di lavoro, fino all’applicazione degli ammortizzatori sociali e di strumenti come contratti di solidarietà in caso di esuberi. Il passaggio chiave sarebbe la fine della giurisdizione dei Tar sulle controversie nel pubblico impiego, che passerebbe così al giudice ordinario. Una svolta che metterebbe in discussione la stessa sopravvivenza dei tribunali amministrativi. L’obiettivo è rivoluzionare una cultura basata finora sulla intoccabilità del dipendente pubblico, trasformando la pubblica amministrazione da erogatrice di stipendi in erogatrice di servizi valutabili sulla base di costi e benefici”.

MAGGIO – Il capitolo tasse, nello schema Renzi, si farà strada partendo da un assioma: “Il taglio della pressione fiscale sul lavoro sarà certo e duraturo. Solo così può ripartire la crescita”. Così Filippo Taddei, responsabile Economia della segreteria Pd. Senza dimenticare la pressione delle aliquote pro capite. Il modello Firenze, in estrema sintesi: meno Irap per le imprese, meno Irpef per le famiglie. C’è questo è c’è l’idea, scrive sempre il Corriere, di “una riforma delle detrazioni per aumentare il risparmio d’imposta per i redditi tra 8mila (sotto questa cifra non si paga l’Irpef) e 15mila euro, con un vantaggio per questi ultimi di circa 450 euro l’anno. La manovra sarebbe limitata ai lavoratori dipendenti (per gli autonomi è previsto il taglio dell’Irap) e costerebbe sempre 5 miliardi, ma sarebbe avvertita dai redditi bassi". Come? E i costi, la necessaria copertura? Il grosso delle risorse arriverebbe dal taglio della spesa pubblica, centrale e periferica su quel che ha seminato fin qui il dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli (nominato da Letta e Saccomanni). Si parla di 3 miliardi di euro per il 2014, che potrebbero arrivare a 32 nel 2016.  Senza contare che nel pacchetto non mancherà l’eterna lotta all’evasione fiscale. Che c’è sempre, che non è mai quantificabile e quindi stimabile, puntualmente disattesa.

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