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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

"Renzi deve andare avanti": resta (anche) segretario del Pd ripartendo dal 40%

Cresce il pressing dei fedelissimi dopo la sconfitta al referendum. E dopo le "dimissioni congelate" per volontà del presidente Mattarella, Renzi non lascerà nemmeno la guida del partito

Dimissioni da presidente del Consiglio, ma non subito. Addio alla segreteria del Pd, ma non ora. Uscito sconfitto dal voto per il referendum costituzionale, Matteo Renzi resta premier per qualche giorno - come chiesto dal capo dello Stato - fino all'approvazione della Manovra. E dovrebbe restare anche alla guida del Pd ripartendo dal 40% ottenuto al referendum.

Sarebbe questo l'orientamento del presidente del Consiglio, che mercoledì alle 15 si presenterà alla direzione del partito per discutere dell'esito della consultazione di domenica. Renzi, secondo quanto si apprende, a caldo avrebbe anche ipotizzato la possibilità di lasciare la guida del Pd ma complice il "pressing" di molti dei suoi sarebbe deciso ad andare avanti. Anche a questo è servito il rinvio della direzione, inizialmente convocata per oggi, poi fatta slittare a mercoledì: "Una notte in più per far sbollire...", spiega una fonte Pd ad Askanews.

"Matteo non lascerà la guida del partito", spiega un deputato a lui molto vicino, che invita a guardare "il bicchiere mezzo pieno", cioè il 40% dei consensi ottenuti contro una coalizione, quella del No, politicamente disomogenea. E' quello che, via Twitter, invita a fare anche il braccio destro di Renzi, Luca Lotti. "Tutto - ha scritto - è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. Ripartiamo dal 40% di ieri". Anche il capogruppo Ettore Rosato smentisce l'ipotesi di dimissioni e invita Renzi ad andare avanti.

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"Il Pd vuole che Renzi continui a fare il suo lavoro. Tredici milioni di votanti vogliono che continui a fare suo lavoro. Abbiamo un segretario che sta facendo il suo lavoro, ieri ha dato un messaggio chiaro se voleva dire altro lo diceva". Dunque mercoledì Renzi potrebbe presentarsi in direzione senza dimettersi o mettendo a disposizione il suo mandato di segretario, ottenendo una conferma. Da lì partirebbe poi la "resa dei conti" interna. Contando anche sulla rete dei comitati per il Sì al referendum, che non sarà smantellata ma che dovrà costituire l'ossatura del "nuovo" Pd renziano.

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Anche la minoranza interna non sembra intenzionata a chiedere il passo indietro di Renzi. Roberto Speranza ricorda di non aver mai chiesto le dimissioni né da premier né da segretario. E pure Massimo D'Alema non vuole affrettare i tempi: "Se lui si dimettesse - ha detto - dovremmo fare un congresso ora, in un clima piuttosto avvelenato". Dunque niente accelerate, ma le armi intanto vengono affilate: "Come aveva solennemente promesso la Carta dei valori del Pd - ha scritto su Facebook Pierluigi Bersani - nessun governo adesso oserà più impugnare la Costituzione per affermarsi, dividendo il Paese. Nel risultato di domenica c'è qualcosa in più. Avevamo visto per tempo che nel paese si muoveva un'onda di disaffezione e di distacco. Non abbiamo accettato di consegnare tutto questo alla destra. Adesso ci impegniamo per la stabilità e per una netta e visibile correzione delle politiche".

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