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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Risultati elezioni: cosa succede adesso al governo Draghi

Le debolezze delle coalizioni, ancor più che dei partiti che sostengono la maggioranza, sono la benzina di Draghi. Nessuno vuole il voto anticipato

Quanto incideranno il calo di Lega e Movimento 5 stelle nelle dinamiche interne alle rispettive coalizioni e nella tenuta del governo Draghi, che si avvia all'ultimo anno di legislatura tra mille problemi? A  meno di dodici mesi dalle elezioni politiche Giorgia Meloni sorpassa Matteo Salvini. E' il dato che emerge con maggiore chiarezza. Fratelli d'Italia supera quasi ovunque la Lega: anche nelle roccaforti del Nord. Era un test amministrativo, ma ha segnalato un umore, un trend che viene percepito da tempo anche nei sondaggi. Il centrodestra conquista Palermo e Genova, ma va al ballotaggio a Verona, dove il candidato del centrosinistra Damiano Tommasi è la vera sorpresa ed è in vantaggio di ben otto punti. Ai giallorossi Padova, Lodi e Taranto. Il Pd tiene, ma il campo largo con il M5s è inevitabilmente indebolito dai risultati a dir poco disastrosi dei pentastellati. Il Pd è primo partito, ma la caduta dei 5 stelle compromette l'obiettivo di un centrosinistra con due pilastri di portata simile. Secondo i dati elaborati da You Trend nel totale dei Comuni con oltre 15mila abitanti la lista più votata è il Pd (17,2%), davanti a Fratelli d’Italia (10,3%), Lega (6,7) e Forza Italia (4,6). L’M5s raccoglie solo il 2,1 per cento. Numeri da tracollo per Conte, da sconfitta netta per Salvini. 

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Cosa succede al governo

La certezza è che Mario Draghi appare pochissimo preoccupato dalle varie crisi elettorali. D'altra parte sin dall'inizio della sua avventura a Palazzo Chigi è sempre volutamente e ostentatamente rimasto estraneo alla dinamiche partitiche. Ora secondo vari osservatori il fatto di non avere più davanti a sé appuntamenti elettorali di rilievo sarà un vantaggio enorme per l'ex capo della Bce. Fino all'autunno, quando la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2023 entrerà nel vivo, per il governo saranno mesi di tregua, anche se non di calma piatta. Le riforme ancora in ballo in Parlamento potrebbero trovare meno ostacoli del previsto se i partiti rispetteranno gli accordi, frutto delle trattative che a Palazzo Chigi danno per chiuse, soprattutto la Giustizia e la legge sul Consiglio superiore della magistratura.

Le vere mine vaganti però sono Cinque stelle e Lega. Hanno numeri importanti sia alla Camera sia al Senato, e sono "animali feriti". Qualcuno nel Carroccio invita ad "avviare una riflessione sulla nostra permanenza al governo", il vicesegretario Lorenzo Fontana si spinge a dire: "Se la Lega non è lì per incidere allora tanto vale che non ci stia". Insomma, crisi di governo per invertire la rotta dei sondaggi, per dare segnali di vita all'elettorato, cambiare passo e tornare a toni più aggressivi sui temi più caldi, primo fra tutti l'economia (pensioni) ma anche l'immigrazione? Se Salvini nei mesi scorsi non aveva motivo di tirare la corda fino all'eccesso, l'essere stato superato anche in molti feudi leghisti al nord dalla destra "romana" di Meloni impone a quello che era il "capitano" di cambiare strategia e provare a giocarsi ancora la leadership del centrodestra con Meloni, senza ritrovarsi in una posizione secondaria. Ma probabilmente senza arrivare a mettere seriamente in difficoltà l'esecutivo.

Conte e Salvini indeboliti

Nella composizione interna del centrodestra, realmente mutata, la maggiore novità è rappresentata proprio dal sorpasso di Meloni su Salvini. La leader di Fratelli d'Italia sta capitalizzando da un anno e mezzo la collocazione all'opposizione. "Meloni vince - nota Marcello Sorgi sulla Stampa - perché è schierata contro tutti, anche contro i suoi formali alleati Salvini e Berlusconi, e quando assume posizioni governative che preludono a una sua candidatura a Palazzo Chigi, lo fa indipendentemente dalla coalizione di riferimento. È probabile che se Meloni decidesse di muoversi più disciplinatamente all'interno del centrodestra pagherebbe qualche prezzo in termini elettorali". Non lo farà. La situazione attuale sta spingendo Fratelli d'Italia alle stelle. Il sorpasso di Meloni è realtà a Palermo, dove Fdi doppia la lista leghista, e a Genova, con uguali proporzioni. A Verona, feudo leghista vero, Fratelli d’Italia è all’11 per cento, mentre la Lega si ferma al 6. All’Aquila Fratelli d’Italia è al 20, la Lega al 14. Fratelli d’Italia è avanti anche a Parma, ad Alessandria, a Piacenza, a Belluno; a Padova sono appaiati. Sì, né Matteo Salvini né Giuseppe Conte hanno nulla da perdere, e forse potrebbero vedere troppo lontano il voto a maggio del 2023, al punto da accarezzare lo strappo. Ma governare bene e rivendicarlo, son convinti dento la Lega Giorgetti e Zaia, è la via per riprendere il Nord. Salvini deve guardarsi dai suoi. Una cosa è il declino del progetto di “Lega nazionale”. Altra cosa è perdere il potere al nord. Questo, nessuno nella Lega è disposto a perdonarglielo.

Giuseppe Conte ha vissuto giorni migliori, politicamente parlando. Ma l'avvocato non ha molto spazio di manovra. Anzi, non ne ha proprio. Non ha alcuna intenzione di spingere il M5s fuori dall'esecutivo, perché fare campagna elettorale "da dentro", con la visibilità garantita da ministeri importanti in mano ai "suoi", è comunque un punto di forza. Non farà altro che, come Salvini, battere sui temi economici più identitari, come la difesa e il rilancio del reddito di cittadinanza, argomento elettorale per eccellenza e che sarà al centro della campagna verso le elezioni politiche 2023. Il divario di consensi tra gli alleati progressisti si allarga, tanto da ridare fiato a quanti, anche dentro il mondo dem, vorrebbero mollare Conte e riavvicinarsi ai centristi di Conte e Calenda (il cosiddetto terzo polo assesta qualche colpo inaspettato, fa l’exploit a L’Aquila, dove il candidato Americo Di Benedetto arriva secondo con il 23% circa staccando anche la sfidante del Pd Stefania Pezzopane, mentre a Palermo sfiora il 15% e altrove supera il 10%). Il M5s proverà a rilanciarsi tornando sui territori in modo sistematico, "non abbiamo neanche un’anagrafe degli attivisti", ragiona Conte. La faticosa permanenza nel governo Draghi non è in discussione né nel campo progressista cambierà qualcosa, secondo l'ex premier: "Se c’è un orizzonte politico non possiamo modificarlo sulla base del voto alle amministrative". Conte sembra volersi aggrappare ancora di più all’ancora di salvataggio rappresentata dal Pd.

Occhi puntati ora sul 21 giugno, quando Draghi in Parlamento riferirà sulla guerra in Ucraina e seguirà un voto. Le tensioni interne alla Lega e le debolezze del M5s potrebbero iniziare a farsi sentire in qualche modo. Ma saranno al massimo piccoli ostacoli per l'esecutivo. Il grande punto di forza del governo Draghi nei prossimi mesi è che nessuno ha fretta di un voto nazionale che cristallizzi la situazione. Persino Meloni, a cui una crisi di governo forse non dispiacerebbe, attenderà le elezioni politiche con la calma di chi sa che altri 9 mesi abbondanti all'opposizione non faranno altro che spingerla ancora più su nei sondaggi. Il dato più evidente è che il centrodestra per vincere deve presentarsi unito; Meloni da sola, con questa legge elettorale, non va da nessuna parte.

Le debolezze delle coalizioni, ancor più che dei partiti che sostengono la maggioranza, sono la benzina di Draghi. La riforma della giustizia, comprese le nuove regole per il Csm, ma anche il fine vita e lo ius scholae, il ddl concorrenza, la delega fiscale, il dl Aiuti 1 a cui presto si affiancherà un decreto Aiuti 2, atteso in Consiglio dei ministri, che conterrà ulteriori misure contro il caro-bollette e il caro-carburanti e un primo intervento sul cuneo fiscale, in attesa di varare una misura strutturale in legge di bilancio. Ci sarà molta carne al fuoco in Parlamento per il governo Draghi all'indomani del test delle elezioni comunali. Nulla che possa minare però la continuazione del governo fino alla primavera 2023.

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