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Martedì, 16 Aprile 2024
Ipotesi copertura

Sospetti sulla missione dei russi in Italia: Renzi accusa Conte

La missione anti Covid sarebbe stata una copertura per fare altro. Italia Viva presenta una interrogazione al Ministero della Salute

Era il 23 marzo 2020 quando un contingente dalla Russia atterrò a Pratica di Mare, per poi risalire il Paese, arrivando a Bergamo, l’occhio del ciclone di una pandemia che stava piegando l’Italia. C'erano migliaia di morti per il Covid. Ufficialmente fu una missione di soccorso, con strumenti per la sanificazione degli edifici, presidi sanitari, dispositivi di protezione e il supporto di medici e infermieri russi a sostegno del personale italiano, arrivato allo stremo delle forze. 

Ma qualcosa, più di una, non convince i parlamentari di Italia Viva, che oggi, con il senatore Matteo Renzi in prima fila, hanno depositato un'interrogazione. Si chiede al ministro della Salute Roberto Speranza di rendere conto del contributo effettivo apportato dai russi, in una spedizione che, a sentire Italia Viva, di sanitario ha avuto ben poco.

Il dubbio salta fuori dopo aver sentito parlare Ria Novosti Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo. Lui, riferendosi anche agli aiuti dei russi all’allora Governo di Giuseppe Conte, oggi torna a minacciare l’Italia dicendo che: "Non vorremmo che la logica del ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, che ha dichiarato la "totale guerra finanziaria ed economica" alla Russia, trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili". Che ci sia qualcosa da nascondere e che se i russi svelassero avrebbero conseguenze “irreversibili” appunto? E’ la domanda che si pone Matteo Renzi e che ha girato direttamente al Ministero. 

Tutti i dubbi sulla missione dei russi a Bergamo nel 2020

  • i numeri che non tornano
  • l'approccio dei russi
  • le spese a carico dell'Italia
  • dubbi da più parti

Intanto i numeri. Su un centinaio di persone, il 70% circa di chi atterrò in Italia non erano operatori sanitari. Inoltre, dal Movimento 5 Stelle avevano spiegato come l’aiuto era consistito in "104 unità, nello specifico 32 operatori sanitari (tra medici e infermieri), 51 bonificatori e altro personale di assistenza e interpretariato a supporto", a cui si deve aggiungere "521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, mille tute protettive, due macchine per analisi di tamponi, 10mila tamponi veloci e 100mila tamponi normali". Lo spiegò la viceministra pentastellata degli Esteri Emanuela Del Re, rispondendo ad una interrogazione già posta dal deputato di Più Europa Riccardo Magi. Ma è poco. Secondo fonti renziane "è stato tutto utile, ci mancherebbe, ma stiamo parlando di aiuti di una giornata, mentre il personale in missione è rimasto in Italia un mese circa".

Poi non si partì con il piede giusto. Dagli aerei scbarcarono 22 veicoli militari e 104 persone. La maggior parte dei membri della spedizione era composto da personale militare, tra cui il generale Sergey Kikot, vicecomandante del Reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo, già impegnato, negli anni precedenti, sul fronte siriano. Avrebbe esordito dicendo: "Siamo qui sulla base di un accordo politico di altissimo livello. Dunque, possiamo fare qualsiasi cosa per aiutarvi. Vogliamo sanificare l’intero territorio italiano entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi a rischio". 

Altra cosa è il paradosso di una missione umanitaria che è costata tantissimo all’Italia. Nell’interrogazione di Iv si legge: "Risulta che il ponte aereo con Mosca sarebbe stato pagato dal Governo italiano e che furono elargiti circa 100 mila euro per ogni volo, per un totale di oltre mezzo milione di euro, e più di 400 mila euro da parte della Regione Lombardia per garantire vitto e alloggio al contingente russo. Il costo totale dell’operazione si stima essere intorno ai tre miliardi di euro sostenuti dal Governo italiano". 

Sospetti condivisi dunque non solo nel tempo e da parte di più formazioni politiche. Di recente anche da parte dello stesso sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il quale, in un tweet del 5 marzo, si chiedeva: "Col senno di poi è inevitabile tornare alla missione russa in Italia della primavera 2020. Sono testimone dell’aiuto prestato a Bergamo dai medici del contingente, ma va ricordato che a Pratica di Mare arrivarono più generali che medici. Fu aiuto, propaganda o intelligence?". 

La missione una copertura per fare il vaccino Sputnik

Il senno del poi è quello della guerra infatti, di fronte alla quale, il gruppo parlamentare di Italia Viva vuole fare luce perché il sospetto “è quello che vedrebbe la Russia aver usato la missione con lo scopo di inviare un'intelligence sanitaria in grado di sviluppare un vaccino contro il virus da Sars-Cov2, il vaccino Sputnik, partendo da un campione di virus prelevato in Italia”. Lo avrebbero fatto con il benestare di Giuseppe Conte, allora presidente del Consiglio e oggi presidente di una partito, il Movimento 5 Stelle, che in passato non ha mai negato di guardare a Mosca con interesse e ammirazione. 

E allora Italia Viva vuole sapere: 

  • se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se, all'epoca dei fatti, abbia coordinato e supervisionato la suddetta missione russa nella città di Bergamo;
  • se è a conoscenza del fatto che la delegazione russa in quei due mesi abbia avuto accesso ai dati sensibili riguardo ai pazienti affetti da Covid presenti nelle strutture sanitarie italiane;
  • se fosse a conoscenza dei contenuti dell'accordo siglato nell'aprile del 2021 tra l'istituto Spallanzani di Roma e l'istituto Gamaleya di Mosca
  • se sono stati condotti studi e ricerche sul Covid rispettando le regole di sicurezza medico-biologiche vigenti nel nostro Paese.

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