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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Come la Lega vuole diventare un partito normale (e imbavagliare Salvini?)

Ieri il varo della nuova segreteria politica per una gestione più collegiale del partito. Con l'obiettivo di costruire un solido sistema di relazioni con le maggiori cancellerie internazionali e un rapporto più stretto e non conflittuale con l’establishment europeo

Ufficialmente si tratta soltanto del varo di una nuova segreteria. Che prevede anche il ritorno di molti volti già noti e portati nella Lega proprio dal Capitano. Ma ufficiosamente si può capire che il resto del Carroccio ormai non segue più Matteo Salvini come fosse il messia e la grande vittoria alle elezioni europee è ormai acqua passata. 

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Sì, perchè dietro il nuovo organigramma con cui la Lega si presenterà ai prossimi appuntamenti elettorali - Alberto Bagnai all’economia; Claudio Durigon al lavoro; Giulia Bongiorno alla giustizia; Giancarlo Giorgetti agli esteri; Lucia Borgonzoni alla cultura; Gian Marco Centinaio all’agricoltura e turismo; Roberto Paolo Ferrari alla difesa; Vannia Gava all’ambiente; Nicola Molteni alla sicurezza e immigrazione; Guido Guidesi alle attività produttive; Erika Stefani all’autonomia - c'è la presa d'atto del fatto che le elezioni regionali non hanno portato l'auspicata (da Salvini) spallata al governo, ma anche che il Carroccio è in ritardo nello sbarco a Sud che il Capitano ha preparato in questi mesi. 

E allora meglio tornare all'antico: «Ci sarà una segreteria politica. Io più delego, più son contento. È un momento in cui la società ha bisogno di risposte precise. Abbiamo creato dei dipartimenti. Quindi ci stiamo organizzando alla vecchia maniera. Non credo al partito di plastica, alla piattaforma Rousseau e al partito spot, credo ai consiglieri comunali e regionali», ha detto Salvini a Porta a Porta. E a pensarla così sono anche quelli che il fenomeno del Capitano acchiappavoti lo hanno cavalcato: il governatore ligure Giovanni Toti, ieri in un’intervista al Corriere, dopo la sua conferma alla guida della Liguria, era stato chiaro: «Matteo si concentra solo sulle sue battaglie, va per conto suo. Non è capace di gestire la coalizione».

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Il ruolo di Giorgetti

Certo, sulla non-vittoria alle regionali anche Salvini ha qualcosa da ridire agli alleati, soprattutto sulla scelta di candidare Raffaele Fitto in Puglia e Stefano Caldoro in Campania, entrambi sconfitti. Ma è Giancarlo Giorgetti, che del Capitano era il vice quando il governo Lega-M5s era ancora in piedi, a dettare la linea adesso. Francesco Verderami, che sul Corriere della Sera spesso funge da suo portavoce, lo spiega oggi: 

Se l’obiettivo comune è Palazzo Chigi, il vero nodo strategico per l’opposizione è costruire un solido sistema di relazioni con le maggiori cancellerie internazionali e un rapporto più stretto e non conflittuale con l’establishment europeo. Perché l’Italia non può vivere fuori da questa dimensione sovra-nazionale, e una coalizione che non ne tenesse conto «non riuscirebbe a governare. Anzi, non arriverebbe a governare».

Perciò ieri Giorgetti si è sbarazzato dei diagrammi e delle percentuali che affollavano i ragionamenti della Lega dopo le Regionali. Lo ha fatto con la schiettezza che era necessaria, parlando con Salvini, e citandogli un caso che negli ultimi giorni di campagna elettorale è passato quasi inosservato nel partito. Mentre invece è stato un passo falso che si è aggiunto ad altri errori e rischia di pregiudicare le ambizioni del Carroccio: «In Europa, non aver votato la mozione contro il dittatore Lukashenko è stato un errore strategico», ha detto senza mezzi termini il responsabile Esteri della Lega.

Ecco quindi che la nuova strategia della Lega per diventare un rispettabile partito di centrodestra che invogli a votarla anche i moderati prevede una normalizzazione dei rapporti con l'Europa e con il governo. Ma anche un "imbavagliamento" sempre più marcato di Salvini, che adesso troverà maggiori difficoltà nelle sue fughe in avanti. Con un dubbio: la svolta moderata piacerà a quelli che hanno portato la Lega al 34%?

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