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Giovedì, 28 Marzo 2024
La scissione

Così Di Maio "prosciuga" i 5 stelle: cosa succede ora

"Sta esplodendo tutto, ma era abbastanza prevedibile": è lady Rousseau Enrica Sabatini a leggere il dietro le quinte della scissione pentastellata con i 61 parlamentari che seguono il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nella nuova avventura politica

La fuoriuscita di Luigi Di Maio dal Movimento 5 stelle insieme a 61 parlamentari ha scompaginato gli equilibri alla Camera dei Deputati e al Senato. La prima conseguenza è che i 5 stelle non sono più il primo partito in Parlamento: se dopo le elezioni del 2018 esprimeva 333 rappresentati, oggi con la fuoriuscita di 51 deputati e 10 senatori "dimaiani" il Movimento si trova dimezzato esprimendo appena 166 parlamentari (lo scissionista Emiliano Fenu, commercialista eletto nel collegio di Nuoro, sembra averci ripensato, ndr). È la Lega così a diventare il primo partito con 193 parlamentari (132 deputati e 61 senatori) che, insieme a Forza Italia (134) e il Pd (132), assicura la tenuta della maggioranza che sostiene il governo Draghi.

Niente pericolo ribaltone dunque dopo lo strappo di "Insieme per il futuro" anche se a seguire il titolare della Farnesina ci sono pezzi importanti del governo, come la viceministra Laura Castelli (Economia) e i sottosegretari Manlio Di Stefano (Esteri), Dalila Nesci (Sud), Anna Macina (Giustizia) e Pierpaolo Sileri (Salute). Contraccolpi anche al Parlamento europeo dove le eurodeputate Chiara Gemma e Daniela Rondinelli sarebbero passate a Ipf lasciando la delegazione del Movimento a Bruxelles ridotta così a cinque membri.

Sullo sfondo la tagliola dei due mandati contenuta nello statuto pentastellato che potrebbe far propendere diversi grillini di lungo corso ad abbracciare il nuovo soggetto politico seguendo l'esempio - tra gli altri - di Carla Ruocco, dell’ex tesoriere Sergio Battelli e dell’ex capogruppo alla Camera Francesco D’Uva. 

Ma cosa succede ora? Con il leader del movimento 5 stelle sono riuniti Paola Taverna, Stefano Patuanelli, Carlo Sibilia, Mariolina Castellone, Nunzia Catalfo. Giuseppe Conte entrando nella sede pentastellata di Campo Marzio ha spiegato che non cambierà la linea del movimento.

Il movimento tuttavia, dopo aver costruito la propria popolarità su una posizione anti-sistema fin dal 2009, ora si trova in una crisi difficile da ricomporre: frammentato in fazioni, sconta un calo dei consensi nei sondaggi, poi deflagrato nei risultati delle elezioni amministrative, e in vista delle elezioni del 2023 servirà trovare elementi catalizzanti del consenso.

Nello stretto giro l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte si trova a dover tamponare quella che in molti commentatori descrivono come la fine del Movimento 5 stelle. Tra i principali detrattori dell'attuale nomenclatura pentastellata è importante sottolineare la posizione della fondazione Rousseau che sottolinea come per Conte lo strappo di Di Maio sia sopratutto un danno economico per le casse M5S, tra mancate restituzioni e rimborsi per la comunicazione che finiranno nei nuovi gruppi. "Di Maio toglie a Conte forza in Parlamento, forza sui territori e in periferia, e gli toglie potere economico. Tutti gli asset di una organizzazione" spiega Enrica Sabatini, socia dell'Associazione Rousseau e compagna di Davide Casaleggio.

"Conte sconterà l'incapacità di un raccordo centro-periferia. Avrà un grosso problema perché moltissimi consiglieri regionali e comunali passeranno con Luigi. Proprio perché nel partito di Conte non c'è spazio per la periferia. Ha pensato che col suo ruolo di ex premier potesse costruire un'organizzazione ma il controllo non l'ha mai avuto e il primo errore è stato proprio tagliare Rousseau: così facendo ha tagliato i rapporti con quella periferia che ora Di Maio utilizza. In vista delle elezioni contano i voti sui territori, conta la gente che fa campagna elettorale".

"Sta esplodendo tutto, ma era abbastanza prevedibile" rincara Sabatini. Intanto per Di Maio è invece iniziato un processo di accreditamento presso le istituzioni, prendendo sempre più le distanze da un passato che egli stesso ha ammesso di aver condito di errori. Accanto a sè tutto il sistema di potere pentastellato cresciuto negli anni e che - allontanto da Conte - è entrato nella sfera di influenza del ministro degli esteri.  

Il prossimo passo: domani Luigi Di Maio riunirà per la prima volta i neo gruppi per far il punto sulla linea politica, ma anche per affrontare la questione capigruppo e simbolo.

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