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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

"Landini ha consegnato i lavoratori a Renzi e Marchionne": è fuga dalla Fiom Cgil

Nel giorno dell'addio alla Fiom Cgil e dell'ingresso nell'Usb da parte di Sergio Bellavita, portavoce dell'area "Il sindacato è un'altra cosa", e di un nutrito numero di dirigenti e rappresentanti degli stabilimenti Fca (Fiat), l'Unione sindacale di base lancia lo sciopero generale contro il governo: si terrà a ridosso del Referendum di ottobre

ROMA - Fiom Cgil addio. "E siamo pronti allo sciopero generale contro Renzi". Un nutrito numero di dirigenti e rappresentanti sindacali sta salutando la Cgil sulla strada dettata mesi fa da Maurizio Scarpa (già vicepresidente del Direttivo nazionale) e Franca Peroni (ex componente della segreteria nazionale della Funzione Pubblica). Oggi, però, è un addio più pesante: Sergio Bellavita, portavoce nazionale dell'area "Il sindacato è un'altra cosa", saluta e se ne va. Un addio che chiude lo strappo con il segretario Maurizio Landini e che sarà seguito da diversi dirigenti e delegati. In primis molti rappresentanti e iscritti Fiom degli stabilimenti Fca (Fiat) di Termoli e Melfi che si metteranno subito al lavoro per organizzare lo sciopero generale che l'Usb proclamerà a ridosso del Referendum Costituzionale di ottobre. Uno sciopero "politico e sindacale".

Sergio Bellavita (foto sotto), dopo anni di scontri con Landini, non ha nessuna intenzione di abbandonare "il conflitto". Da oggi è ufficialmente un sindacalista dell'Usb. Il passaggio è stato sancito da un'affollata assemblea pubblica che si è tenuta sabato a Roma. Ed è proprio a margine di questa assemblea che gli abbiamo strappato un'intervista nella quale fa il punto dello "stato di salute" del sindacato "confittuale" in Italia.

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Partiamo dall'inizio, dalla motivazione che ti ha portato a lasciare la Fiom.

Dopo venti anni di militanza in Fiom ho preso atto che in questa organizzazione gli spazi per una battaglia di opposizione sono ormai preclusi. La "ciliegina sulla torta" è stato l'attacco violento al diritto dei delegati in Fiat di potersi opporre rispetto al modello Marchionne che Landini ha messo in campo, denunciandoli al collegio di garanzia della Cgil. Un atto senza precedenti nella vita dell'organizzazione che dimostra come, oggi, Landini abbia bisogno di relegittimarsi con Marchionne e Federmeccanica per rientrare all'interno del "modello", dentro un mondo che negli ultimi anni lo aveva escluso con gli accordi separati. Ma la "normalizzazione" del conflitto ha un prezzo: quello di dover fare i conti con dirigenti e delegati che non hanno intenzione di sottomettersi. Io non sono disposto a muovermi negli spazi umilianti della "compatibilità" e vivere in una finta opposizione. E ora potremo organizzare una resistenza con un nuovo sindacato, nuovo sotto tutti i punti di vista.

La percezione comune è che il tuo sia stato solo un testa a testa con Landini all'interno della Fiom. Ti senti stretto nel ruolo di "oppositore del segretario"?

Questa rappresentazione purtroppo ha segnato anche un lungo e duro rapporto politico dentro la Fiom. Il mio primo scontro con Landini risale a quando era segratario della Fiom di Bologna e io un delegato in distacco sindacale per sei mesi. Risultato: già allora mi fece rientrare in fabbrica. Purtroppo la "personalizzazione del conflitto", in questo momento storico, è un rischio. Io però non ho mai avuto nulla contro Landini, sono stato tra quelli che lo ha eletto, che lo ha difeso a Bologna mentre la destra della Fiom lo voleva cacciare, la stessa destra che oggi è al governo e sostiene Landini. E' chiaro che la sua e la mia testardaggine, a un certo punto, si sono incrociate e scontrate. Lo scontro però è sempre stato generale, e non un problema tra me e Landini, dovuto al processo politico e sociale in corso e alla degenerazione della Fiom sulla strada della "compatibilità".

Partire con uno sciopero generale non è semplice per chi arriva dal mondo Cgil. Sei pronto? 

E' un debutto importante, uno sciopero che si declinerà in maniera diversa a quella conosciuta nel mondo Cgil. Più "in strada" e meno nei posti di lavoro. I temi al centro sono chiari: le condizioni generali di lavoro dopo il Jobs Act, il "no" al governo dell'austerità dell'Ue che si abbatte sui lavoratori, il "no" alla riforma della Costituzione. Per noi sarà un debutto di fuoco. 

SCIOPERO GENERALE, CORTEO A ROMA | FOTO DANIELE NALBONE

L'Usb è nata con obiettivo di farsi "movimento", organizzare i lavoratori fuori dai luoghi di lavoro, dare voce anche ai senza casa, ai precari, ai migranti. La Fiom fece a suo tempo, con Coalizione sociale, un tentativo simile non andato a buon fine. E' comunque questa la strada?

Oggi, 11 giugno 2016 (ieri, ndr), è un anno esatto dal lancio di Coalizione Sociale di Landini. Un percorso iniziato e finito quel giorno. Il suo era un modo per far sentire (solo) la sua voce in un momento di passività della Cgil sul tema del Jobs Act. Più una prova di forza personale all'interno della sindacato confederale che non un modo per aprirsi alla società. Ma bisogna sottolineare che anche l'intuizione dell'Usb di chiudere con la fase del sindacato tradizionale, oggi, non basta. Servono formule organizzative e politiche diverse, che prendano forza e linfa dai territori. Se il punto di partenza è la posizione "di conflitto" di un sindacato indipendente, allora si può costruire qualcosa di importante. Se invece tutto si declinerà in un "buttare un sassolino nello stagno e vedere che effetto fa" dentro la discussione politica generale o per avere qualche "accompagnamento" alle politiche del 2018, allora sarebbe un fallimento in partenza.

Come vive, oggi, un sindacato in un momento storico in cui non c'è nessun partito politico con cui dialogare? E' il sindacato stesso che deve farsi "soggetto politico" o è tempo di immaginare una nuova strada?

L'assenza di una soggettività politica a sinistra, che rappresenti il mondo del lavoro, è un problema enorme che non si risolve con l'autoaffermazione di percorsi ricompositivi. L'intuizione - buona - della Coalizione Sociale di Landini era quella della ricostruzione. E' quello il terreno da sperimentare: ricostruire soggettività, coscienza. Sono rientrato in fabbrica da una settimana e vedo una spoliticizzazione spaventosa dei giovani. Non partecipano alle assemblee, si disinteressano degli scioperi, non discutono di politica. Oggi anche il sindacato è in piedi e lavora solo per chi è nato nel 1960 e per la generazione successiva: i giovani, invece, sono lontani anni luce dal "fare sindacato". Non so se il sindacato potrà mai supplire all'assenza di una soggettività politica, ma sul terreno "sociale" potrebbe giocare una partita importante.

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