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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Sondaggi e legge elettorale: Italia condannata all'immobilismo

L'elettorato italiano è ancora diviso in tre blocchi. Ma se si tornasse al voto domani, con questa legge elettorale, si riprodurrebbe la stessa distorsione di fine febbraio: maggioranza certa alla Camera e sabbie mobili al Senato. Ecco le tre posizioni in campo sul Porcellum

O le larghe intese o una nuova legge elettorale. Una terza via non c’è. Sono i sondaggi a radiografare la situazione rendendo plastiche le necessità. Schematico, perché il grosso della politica passa per i numeri. Secondo un sondaggio della Tecné, commissionato da Sky Tg24, l’elettorato italiano sarebbe ancora diviso in tre blocchi. Con il Pd al 26,1%; il Pdl al 25,3%; il Movimento Cinque Stelle al 24,8%.

IL QUADRO – Pochi decimali separano l’oro dal bronzo, l’1,3% per la precisione. Il restante quadro delle intenzioni di voto per i partiti vedrebbe Sel 4,2%, Lega Nord 3,5%, FdI 3,4%, Udc 3,1% , Scelta civica 2,8%. Per quel che riguarda le coalizioni il centrodestra si attesterebbe del 33,4%; e il centrosinistra del 30,8%.

Dall’evidenza delle cifre alle strettoie politiche il passo è brevissimo. Se si tornasse al voto domani, con questa legge elettorale, ci rifaremmo daccapo; si riprodurrebbe la stessa distorsione di fine febbraio. Con una maggioranza certa alla Camera, grazie al premio di maggioranza del ‘porcellum’, e con le sabbie mobili al Senato. La diciottesima legislatura ripartirebbe zoppa come l’attuale. Alla matematica, a questa illustrata dai sondaggisti di Tecné, non c’è scampo. Peggio ancora se la Corte costituzionale dovesse metter mano al ‘porcellum’, eliminandolo, e la politica stesse a guardare. In questo ipotetico ma chiacchierato immobilismo si tornerebbe ad un proporzionale praticamente puro. Quel che è successo e succederebbe al Senato si propagherebbe anche al proporzionale. E allora addio bipolarismo e via al valzer delle larghe intese per un'era geologica-politica.

Detto questo, sempre in maniera schematica, le tre posizioni in campo. Partendo dal premier. Enrico Letta nei giorni della fiducia, la prima la scorsa primavera, la seconda ad inizio autunno, in piena bufera Berlusconi, ha messo l’accento sulla necessità di modificare il dispositivo elettorale. È una priorità di Napolitano, lo è anche del suo governo. Eppure l’esecutivo non sta muovendo un dito. “È un nodo parlamentare”, dicono. E pazienza se in questo caso più che la retorica dell’arbitro ci vorrebbe un governo pronto a pungolare il Parlamento sul tema ogni giorno. Così non è. Il perché sta in un dato di fatto: ‘finché porcellum non ci separi’ Pd e Pdl, e quindi governissimo, continueranno la passeggiata mano nella mano.

La seconda, quella del Pdl. Con o senza Berlusconi il centrodestra non vince. La coalizione di centrodestra sarebbe la prima forza numerica nel Paese e tuttavia lo sarebbe senza portafoglio di governo. E allora? Meglio quel che ha già partorito Calderoli a braccetto con il Cav. E in questa logica andrebbe bene anche un eventuale proporzionale bloccato. Paradossalmente per il Pdl in questo momento fanno più gioco le larghe intese che la fetta più grande della torta. Un po’ perché dentro ad un governo allargato e di emergenza, che vive di equilibri precari, il Pd e Napolitano possono essere i migliori amici di Berlusconi (compreso una legittimazione silenziosa della grazia). Un po’ perché Alfano e le colombe hanno la possibilità di sopravvivere e far la voce grossa solo sotto l’ala protettiva del Letta “palle d’acciaio”.

La terza, la via di Renzi. Il nemico pubblico numero uno del sindaco di Firenze si chiama proporzionale. Non è più il ‘porcellum’. Il candidato alla segreteria del dem, infatti, conti alla mano, sa benissimo che con il proporzionale il progetto Leopolda farebbe una gran fatica ad oltrepassare la soglia di palazzo Chigi. Meglio quindi il porcellum? ‘Ni’. Ne è più che convinto il professor D’Alimonte che alla Leopolda è di casa: “Renzi anche con il ‘porcellum' avrebbe la maggioranza al Senato.

Chiariamo. Renzi spinge per la legge elettorale dei comuni sopra 15mila abitanti, una sorta di proporzionale (di coalizione?) a doppio turno con ballottaggio. Il tutti contro tutti del primo round, il testa a testa al secondo giro. Chi vince si prende tutto. Come i sindaci. Questa proposta, atto di forza o meno alla Camera – dove i numeri ce li avrebbe (Pd compatto, Sel e i montiani di Scelta Civica) – si arenerebbe al Senato con il no di Pdl e Grillo.

Eppure il sindaco di Firenze va avanti e su questo fronte, da segretario del Pd, annuncia le grandi manovre. Perché? Facile: farà la proposta, scoverà i colpevoli del no, e in questo indebolirà Letta. Perché il giochino tra i due galli del Pd è indebolirsi a vicenda per la pole-position del giro di giostra di domani. Per grattare consenso all’altro e più in generale al blocco moderato italiano. Per poi provare a prendersi il Paese con l’odiato, vituperato ma imperturbabile purcellum.

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