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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Letta si "dimentica" il tetto agli stipendi dei manager

Nel ddl 'del fare' i massimali in busta paga per i dirigenti pubblici sono scomparsi. Il Movimento 5 Stelle attacca: "Si sono sbagliati, che caso strano..."

“Toh! si sono sbagliati: è saltato il tetto agli stipendi dei manager pubblici nel ddl su cui il governo porrà la fiducia... Che caso strano”. Il caso “strano” è stato lanciato in pasto a commenti aspri da un tweet del capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, Nicola Morra. Un ‘cinguettio’ prontamente retweettato da Beppe Grillo. Nel decreto ‘del fare’ insomma, su cui il governo Letta ha deciso di porre la fiducia (con tanto di strappo, l’ennesimo proprio con il M5S), i massimali in busta paga per i top manager pubblici, ampiamente annunciato durante il dibattito in corso, sono scomparsi.

NESSUNA CRISI PER I MANAGER: IN UN ANNO MARCHIONNE HA GUADAGANTO 48 MILIONI

PD POLEMICO – Un tema sensibile, soprattutto in tempi di crisi nera. Tanto spinoso che anche dalla maggioranza si sono mosse critiche decise a questa che appare, sul tema, una decisa inversione di rotta dell’esecutivo. Così se i grillini attaccano, qualcuno, in casa Pd, alza la voce: “La norma sugli stipendi dei manager – sottolinea il deputato del Pd Angelo Rughetti – va cambiata anche se una parte di essa ha un fine condivisibile”.

IL CASO - UN MANAGER GUADAGNA COME 163 LAVORATORI

Secondo Rughetti “la modifica introdotta elimina il tetto dei 300mila euro per le società che svolgono servizi di interesse generale e questo non va bene. E’ vero, infatti, che ci sono società che si stanno quotando e quindi usciranno dal tetto per questa causa (vedi poste) ma è altresì vero che ce ne sono altre che escono inspiegabilmente da questo vincolo. Penso a Sogei, Sogin, Rfi, oppure alle società pubbliche locali come Atac o Eur Sa. Va invece condiviso l’ultima parte della norma come detto ieri dal ministero dello Sviluppo economico, che pone criteri per definire gli stipendi e vieta di poter dare premi ai manager delle società in perdita".

“La norma, comunque, è molto confusa, e lo dice anche il servizio studi della Camera. E’ quindi urgente una modifica che faccia chiarezza e che dica tre cose: tetto per tutte le società pubbliche non quotate, criteri rigidi per limitare discrezionalità e stop ai premi per le società in perdita”.

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