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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Stipendi variabili per i parlamentari: ridurre i costi della politica è possibile

Il presidente del Senato Alberti Casellati anticipa la riforma attualmente in fase di "approfondimento": lo stipendio di Senatori e Deputati sarà legato alla produttività

Ridurre i costi della politica, partendo da "una logica meritocratica e di responsabilità", che leghi il trattamento economico dei parlamentari "alla presenza e alla produttività". Insomma, "chi si assenta, chi non lavora deve guadagnare di meno". Lo afferma il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati in una intervista a Economy, nella quale tocca anche il tema dei vitalizi che sarà affrontato, assicura, entro il 2018 ma valutando "merito e metodo" per non esporsi a bocciature da parte della Consulta.

Quanto guadagnano i Parlamentari

Oggi l'indennità parlamentare viene calcolata prendendo come riferimento lo stipendio dei magistrati presidenti di Sezione della Corte di Cassazione pari a 10.385,31 euro (che si riducono a 10.064,77 euro per i Senatori che svolgano un'attività lavorativa).

Al netto delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori per il trattamento previdenziale, per l'assegno di fine mandato e per l'assistenza sanitaria, un Senatore intasca un'indennità mensile di 5.304,89 euro (che scende a 5.122,19 per chi svolge attività lavorative). Da tali importi vanno poi sottratte le addizionali all'Irpef: l'indennità netta mensile corrisposta ai senatori può dunque essere leggermente inferiore o superiore ai 5.000 euro, a seconda della regione e del comune di residenza.

All'indennità va poi aggiunta la diaria di 3.500 euro, prevista dalla legge n.1261/1965 che spetta a tutti i parlamentari, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. La cifra è ridotta in caso di assenza dai lavori parlamentari, soprattutto nelle sedute di commissioni e giunte in cui si svolgono le votazioni. Oltre alla diaria, a decorrere i senatori ricevono anche un rimborso forfetario mensile di 1.650 euro, che sostituisce e assorbe i preesistenti rimborsi per le spese accessorie di viaggio e per le spese telefoniche.

Al Senato c'è poi il rimborso delle spese per l'esercizio del mandato. L'importo complessivo è diviso in una quota mensile di 2.090 euro - sottoposta a rendicontazione quadrimestrale - e in un'ulteriore quota di 2.090 euro mensili erogata a forfait. 

Anche alla Camera dei deputati la diaria è pari a 3.503,11 euro. Tale somma, si legge sul sito della Camera, viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle sedute dell'Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico. Un'ulteriore decurtazione fino a 500 euro mensili viene inoltre applicata in relazione alla percentuale di assenze dalle sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti e speciali, del Comitato per la legislazione, delle Commissioni bicamerali e d'inchiesta, nonché delle delegazioni parlamentari presso le Assemblee internazionali.

Alla Camera c'è anche il "rimborso delle spese per l'esercizio del mandato", che comprende anche le spese come quella per il collaboratore, le consulenze e le ricerche ed è pari a 3.690 euro. Le spese per l'esercizio del mandato devono essere per metà giustificate e per metà vengono corrisposte a forfait.  Per i trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto più vicino e tra l'aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l'aeroporto più vicino al luogo di residenza, e a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. Per le spese telefoniche alla Camera è previsto un importo di 1.200 euro annui. Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro.

Poi ci sono le facilitazioni di trasporto: durante l'esercizio del mandato, senatori e deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale

E i vitalizi?

Oltre al trattamento previdenziale dei parlamentari, basato sul sistema di calcolo contributivo, al termine del mandato parlamentare, senatori e deputati ricevono l'assegno di fine mandato, che è pari all'80 per cento dell'importo mensile lordo dell'indennità, moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo.

"Sui vitalizi - prosegue Casellati - ad esempio mi domando: avrebbe senso tagliarli con un provvedimento che poi magari dopo pochi mesi dovesse essere bocciato nei vari ricorsi che già sono stati annunciati? Io non credo. La Camera ha deliberato autonomamente e la nuova disciplina entrerà in vigore nel 2019. Anche in Senato rispetteremo la stessa tempistica dopo però aver valutato con attenzione sia il metodo sia il merito della questione, così come deciso dal Consiglio di presidenza".

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Per Casellati l'obiettivo è quello di "ridurre i costi in una logica meritocratica e di responsabilità", partendo da "un approfondimento" per l'introduzione al Senato di "un meccanismo ancora più stringente tra trattamento economico dei parlamentari e loro presenza e produttività. A partire da una reale penalizzazione per ogni assenza in aula o in commissione. Chi si assenta, chi non lavora deve guadagnare di meno". In questa fase, spiega, "stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso, anche per capire come potrebbero essere calibrate le nuove misure e quali saranno nel concreto i risparmi. La mia proposta", ha assicurato, "la condividerò, come è giusto che sia, con tutti i senatori".

Il presidente del Senato ribadisce che "la questione del contenimento dei costi non è nuova. Non attiene solo alla maggioranza e non riguarda solo i vitalizi. Il tema centrale - sottolinea Casellati - piuttosto è individuare e quindi eliminare eventuali situazioni di privilegio".

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