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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il colloquio

Borghezio e la Russia: "Invadere l'Ucraina è stato un grave errore"

Mario Borghezio racconta a Today come cominciò il rapporto tra Lega e Russia. "La nostra politica estera seguì l'intuito dei nostri imprenditori". L'intervista

L'immagine di Matteo Salvini, in piazza a Mosca, con la maglietta di Vladimir Putin è diventata un tatuaggio per il segretario della Lega, che fatica a far dimenticare come, per molto tempo, lui sia stato un "amico di Putin". "Propaganda" per tutto il Carroccio. In effetti dietro quella foto c'è una storia lunga. Inizia a fine anni '90, quando Umberto Bossi vola in Russia per incontrare il vicepresidente della Duma di Stato Vladimir Zirinovskij, che aveva riconosciuto l'indipendenza della Padania. Prosegue quando, nella Commissione esteri dell’allora Lega Nord, si decise di guardare a est, alla ricerca di una stella polare nel cammino delle idee leghiste in politica estera. Quel riferimento divenne Vladimir Putin e il suo partito "Russia Unita". La consacrazione avviene al congresso federale di Torino. Il primo con Salvini segretario. In quell'occasione si presentano due esponenti di spicco del partito Russia Unita: Viktor Zubarev e Alexey Komov (al tempo presidente onorario dell'associazione Russia Lombardia fondata da Savoini). Era il dicembre 2013. Era nata un'alleanza che sarebbe durata fino all'invasione dell'Ucraina da parte dei tank russi.

L'ideatore ha un nome ben preciso: Mario Borghezio. Vicino agli ambienti di estrema destra fin dalla gioventù, negli anni '90 sposa la causa della Lega Nord di Umberto Bossi ed entra come deputato alla Camera. Sarà parlamentare per le successive tre legislature, facendo molto discutere per alcune iniziative xenofobe, come quando, nel 2000, salì sull'intercity Torino-Milano, per "disinfettare" gli scompartimenti occupati da alcune donne nigeriane. Nel 2002 viene eletto al Parlamento europeo dove lavora fino alle ultime elezioni, quando, ormai in una posizione di minoranza rispetto alla segreteria di Salvini, non viene ricandidato. A colloquio con Today, Borghezio ripercorre un pezzo di politica di partito, troppo grande per stare in una sola fotografia. 

"Diciamo che queste posizioni risalgono a molto tempo fa perché erano già in luce nella commissione esteri della Lega Nord di Umberto Bossi, dove c’era anche Gianluca Savoini. Eravamo già su posizioni eretiche. La linea di politica internazionale era quella a favore di un'Europa dei popoli. Sentivano la necessità di avere un rapporto politico e culturale con la Russia di Putin. La cosa era emersa in una delle riunioni della commissione esteri, a cui poi erano seguite delle liaison con le nostre strutture regionali. La Lega coltivò molto questi contatti, soprattutto a livello metapolitico. Ci furono convegni, ci fu una grande attenzione su questi temi. Nel frattempo questi rapporti si sono ulteriormente vivificati soprattutto per iniziativa di Gianluca Savoini. Nacque una intesa culturale e soprattutto economica che si concretizzò nell’associazione Russia Lombardia. Questa liaison venne rafforzata nel momento in cui ci convincemmo del ruolo determinante che la Russia di Putin avrebbe avuto e potrebbe ancora avere, di fronte al gravissimo pericolo rappresentato dall’islam politico ed estremista. Putin era l'unico leader di un grande Paese che dimostrava di avere idee chiare su questo fronte. L'amicizia era nata sulla base del ruolo storico di Putin, di fronte ad una Europa imbelle, che faceva finta di non capire il pericolo dell'invasione dell'islam politico, specialmente nei Balcani. Ancora oggi la Russia, indipendentemente da Putin, è un interlocutore importante dentro l'Europa. Potrebbe esserlo anche Putin stesso, ma solo dopo aver accertato le sue responsabilità", racconta a Today.it.

La Russia come partner politico

Allora in pochi pensavano alla Russia come partner politico. Quasi tutto l'Occidente aveva seguito quell'ideale racchiuso nella citazione (anche musicale) "Go west". La Lega no. "Ci fu sempre una grande simpatia verso la posizione di politica internazionale della Russia di Putin e ci schierammo sempre così in sede europea. - prosegue Borghezio - All'epoca, nel mondo politico europeo, non c'era tutta questa idiosincrasia verso la Russia. Io questa posizione la tenni anche nella mia ultima legislatura, per cui diventai uno dei maggiori esponenti pro Russia, in fortissima ostilità alla politica delle sanzioni. Posizioni che mi hanno regalato l'ostilità della nomenclatura europea".

Mario Borghezio non solo faceva parte della Commissione che scelse di cercare alleati ad est, fu anche fra i protagonisti del famoso congresso piemontese in cui si saldò l'amicizia fra i due partiti. "Io fui parte attiva in quel famoso congresso svoltosi a Torino, quando, per la prima volta, venne in Italia un altissimo esponente della nomenclatura di Mosca. Un personaggio rilevantissimo, uno degli uomini della cerchia più stretta di Putin. Fu una missione nella quale ebbi occasione di vedere la risposta del popolo leghista verso la presenza russa. Si rivelò graditissima. Ci furono applausi scroscianti. Da noi non c'era l’abitudine alla standing ovation, ma era come se ci fosse stata", chiosa.

L'esperimento era riuscito. Il popolo padano aveva compreso l'importanza di quella partnership. Fu la prima volta. Si passò dall'amicizia alla collaborazione. "Ci univa una visione geopolitica di Europa delle patrie, dall’Atlantico agli Urali, che è un po' la concezione che abbiamo ereditato dal generale de Gaulle e, secondo me, è quella che, fino a prova contraria, ha illuminato la politica estera della Lega, fino alla guerra della Russia all'Ucraina. Adesso mi pare ci siano delle prudenze, non tutte condivisibili, che posso anche capire, ma ciò non toglie che questa sia la linea tradizionale della Lega. Per di più, ad accentuare queste simpatie è anche il fatto che Putin ha rappresentato agli occhi di tutti noi una garanzia nei confronti di un pericolo incombente, che secondo noi è ancora oggi rappresentato dall’espansionismo non solo del terrorismo ma anche dell’Islam politico. Non eravamo così fiduciosi che l'appartenenza all'Ue e alla Nato ci potesse salvaguardare da questi pericoli. Il comportamento della Nato in Afghanistan lo ha dimostrato molto bene".

"Un'intuizione della Lega"

Ma perché proprio la Russia? Perchè era lì che, già fra gli anni '90 e i 2000, avevano trovato un nuovo mondo gli imprenditori del Nord. "La Lega non fece altro che seguire l'intuizione di centinaia di imprenditori padani che, un po' come altrettanti Marco Polo, già quando c'era la cortina di ferro, andarono in Russia e si fecero conoscere. Quando tutto venne liberalizzato, furono gli antesignani. La nostra politica estera seguì i nostri imprenditori". Un rapporto, quello fra italiani leghisti e putiniani russi, diventato sempre più simbiotico col tempo. "Io personalmente l’ho coltivato con l’attività della fondazione culturale e la nostra rivista "Idee per l’Europa dei popoli", che non ha mai nascosto queste posizioni. E poi ci sono state una miriade di iniziative, soprattutto dalla Lombardia e dal Veneto. Iniziative di rapporti fra poteri locali a cui si aggiungeva questa struttura dell’associazione Lombardia Russia".

Certo poi questo rapporto è diventato anche problematico quando è esploso il Russiagate, l’indagine con cui la Procura di Milano accusa anche esponenti della Lega di aver preso soldi dalla Russia. "Mi sono sempre ben guardato dall’occuparmi di affari di questo genere. Savoini, con altri, era il deus ex machina di questi rapporti molto stretti. Venne anche Aleksandr Dugin in Lombardia. Lo andammo a sentire. C’era mezza Lega. L'atteggiamento filo russo di questo settore della Lega lo definirei molto vicino alle idee di Dugin, della Russia profonda, della Russia di sempre, più che alle idee di un Putin o quelle della nomenclatura di potere. Io personalmente non ho alcuna simpatia per gli oligarchi russi, come non ne ho per i miliardari fintamente benefattori dell’occidente come Soros. Dugin appoggia Putin ma non è Putin, come se fosse la Lega e Draghi. Noi lo appoggiamo ma non siamo la stessa cosa. Anzi", continua.

"L'invasione dell'Ucraina è un grande errore"

Un matrimonio duraturo, interrotto solo di recente per colpa della guerra. "L'invasione dell'Ucraina è un grande errore perché non è coerente con la presenza di una Russia all'interno dell'Europa dei popoli. Non possiamo non vedere in questa guerra il ritorno di una guerra civile europea. Che questo voglia essere un'affermazione secondo cui le colpe sono tutte dalla parte russa, certo che no. Ma cadere in una grave provocazione non è un merito, è una colpa", dice Borghezio.

Una colpa che sembra ricaduta anche sul leader della Lega Salvini, al punto da essere pubblicamente contestato a Przemysl, in Polonia, a una decina di chilometri dal confine con l'Ucraina, da Wojciech Bakun, sindaco della città. "Salvini dovrebbe rivendicare la coerenza della Lega, che oggi prende distanze dall'intervento in Ucraina e da questo grave errore, sulla base del fatto che noi abbiamo sempre concepito l’amicizia con la Russia come amicizia con un grande popolo europeo. Se un popolo europeo fa la guerra a un altro popolo europeo, non ci si chieda di appoggiarlo. Anzi, appare gravissimo, incomprensibile e indifendibile anche solo l'ipotesi di inviare contro gli ucraini delle truppe straniere extraeuropee. Così si calpesterebbe irresponsabilmente l’immagine e la vocazione europea di un grande Paese come la Russia. Anche solo minacciare l’invio di truppe siriane, visti i gravissimi precedenti storici. È una cosa che grida vendetta", sottolinea. 

Ecco dunque l’errore di Salvini. "No, lei parla di errore. Per me Salvini non sbaglia, anzi fa bene. Salvini dovrebbe anzi far comprendere meglio la posizione della Lega, sottolineando questo aspetto che è fondamentale. Salvini non deve fare nulla di diverso, deve fare di meglio, io dico che dovrebbe essere spiegato il ruolo della Russia e rivendicare maggiormente la coerenza della nostra posizione". Borghezio non solo non punta il dito contro la Lega, invita tutti a rivendicare la posizione con coerenza. Gli errori, che ci sono stati per lui, vengono semmai dal cuore dell'Unione Europea. "Fu un errore gravissimo del Parlamento europeo ostracizzare la presenza di rappresentanti istituzionali e parlamentari della Russia. Erano anni che la Russia ufficiale era bandita dall’Europa. È concausa della situazione attuale. Se c’è qualcosa da condannare è la stupidità e la superficialità di questa Ue i cui partiti più importanti, socialdemocratici e popolari, erano i primi ad andare a Mosca a fare affari quando le cose andavano bene. Poi hanno irresponsabilmente sostenuto questo ostracismo, che non ha nulla a che fare con la politica e lo scambio di idee".

Arduo il compito per la Lega oggi, che dovrebbe presentarsi agli italiani e spiegare come, paradossalmente, la guerra di oggi confermerebbe le teorie da sempre evangelizzate dalla vecchia guardia della Lega e da Borghezio. "La Lega dovrebbe assumere iniziative che siano caratterizzate dalla stella polare, che è il rafforzamento di tutto quello che unisce i popoli europei. La Russia, come popolo, non può essere considerata nemico dell’Europa".

Eppure Borghezio in Russia, almeno in veste istituzionale, non c'è neanche stato così spesso. "Io l'unica volta che andai a Mosca in veste istituzionale di parlamentare europeo è quando andai a prendere le difese del grande scrittore Limonov e venni bloccato nella missione dai socialdemocratici e dai popolari, che evidentemente ancora intrallazzavano con Mosca. Difesi Limonov perché era un oppositore e perché io credo nella libertà di espressione e quindi oggi sono dalla parte della giornalista che, nella tv russa, innalza il cartello e dice le cose come stanno: che è stata un'aggressione. Io sono sempre dalla parte dei popoli. Non sono come certi miliardari italiani, che prima facevano lingua in bocca con Putin e adesso, sui loro giornali, parlano della Russia di Putin come se fosse l’ala più criminale del peggiore stalinismo". Ogni riferimento a Berlusconi…"È puramente voluto". Borghezio sembra determinato su cosa si debba fare ora, cioè rivendicare l'amicizia con la Russia spiegandone la ratio e la genesi. Ma Salvini sembra preferire la via dell'abiura, in attesa che le persone dimentichino. Non è così? "Questo deve chiederlo a Salvini, non a me".

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