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Venerdì, 26 Aprile 2024
Il punto

Perché nel Governo è sempre più alta tensione

Giuseppe Conte alza la posta in gioco e mette con le spalle al muro il premier Mario Draghi. Al centro c'è il Dl Aiuti. Il provvedimento arriva in Senato e, a seconda del voto, potrebbe disinnescare la miccia o far saltare il banco

Se qualcuno pensava che Giuseppe Conte si accontentasse di consegnare il documento con i nove punti al presidente del Consiglio Mario Draghi o che fosse una mossa bluff, dovrà ricredersi. Il presidente del Movimento 5 Stelle, dopo l’aut auto al capo dell’esecutivo, resta sì nel governo “per senso di responsabilità” come ha detto lui ma non ha intenzione di cedere sull’ottenere le riforme auspicate. “Nel documento consegnato al premier Mario Draghi "non troverete né bandierine né un libro dei sogni, ma le urgenze che il Paese ha in questo momento. Se di fronte a queste urgenze, che fotografano una situazione serissima e drammatica, non arriva una risposta, dal nostro punto di vista non ci sono le condizioni per condividere una responsabilità di governo in principi decisionali dove noi fin qui siamo stati marginali". Così il leader del M5s Giuseppe Conte, intervenendo a Digithon 2020 a Bisceglie, mette con le spalle al muro Draghi e nel Governo è sempre più alta tensione.

Il cuore del problema è il Dl Aiuti, ecco perché

Al centro della tensione c’è il Decreto legge Aiuti, il provvedimento nel quale sono inseriti alcuni articoli osteggiati dai pentastellati. Dunque se per senso di responsabilità il Movimento 5 Stelle alla Camera ha votato la fiducia, seppur con un certo numero di defezioni, adesso si va al prossimo appuntamento nell’Aula più calda, quella del Senato, dove ci sono i parlamentari più critici nei confronti del Governo e dove c’è una quota di pentastellati che non vede l’ora di staccare la spina a questa esperienza di Governo. Sarà una prova cruciale sul quale il Governo rischia davvero di farsi male. Conte quindi, nel momento in cui continua a stressare il premier, sa di alzare di molto la posta in gioco, anche perché, il Dl aiuti, essendo un decreto legge, deve essere assolutamente votato entro il 16 luglio, altrimenti decade ed è come se non fosse mai esistito.

Monito anche al Pd, che tende una mano a Conte

Conte è talmente sicuro di sè che sfida anche gli alleati di coalizione: il Partito democratico. "Sul documento ci aspettiamo una valutazione anche da altre forze politiche, anche dal Pd. - ha detto l’ex premier - È su questo che si può ragionare di alleanze. Campo largo? Andiamo vedere quali sono i soggetti, devono essere soggetti che danno garanzie di affidabilità e di leale collaborazione, perché se non si prendono degli impegni agli occhi dei cittadini ma non si può essere conseguenti”.

Conte chiama in causa anche i suoi amici democratici, che gli tendono una mano. “Basta con i politicismi, è il messaggio dei dem, che indicano una via concreta per uscire dall'impasse: lavorare sui temi, "dando risposte sui salari e sul welfare". Per il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano, è questa la chiave di volta: sia durante questa esperienza di governo, sia per le future alleanze: "La grande sfida per i progressisti è dare risposte ora sui salari e sul welfare al governo, e con una proposta di radicale cambiamento per vincere le elezioni". La consonanza con le proposte portate da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi è evidente ed è su questo che si lavorerà nei prossimi giorni per arrivare ad un punto di sintesi.

Ma se c’è una Pd ancora pronto a dialogare e cercare l’unità con il M5s, c’è anche quella parte di popolo democratico che non ne può più. È la fronda interna che da tempo sta cercando di convincere il segretario nazionale Enrico Letta a mollare Conte e lavorare per una riforma elettorale in senso proporzionale. Non vuole rompere col M5s, ma di sicuro è disposto a sacrificarli se questi dovessero mettere in discussione l’esperienza di governo. Insomma, va bene tutto, ma nessuno tocchi Draghi. Così Nicola Zingaretti, tra i primi ad essersi speso per il campo largo a sinistra, si dice d'accordo con Dario Franceschini, quando sostiene che se il M5s fa cadere il governo salta anche l'alleanza e prende atto che Conte non è più punto di riferimento per i progressisti. Dunque Conte è davvero uno contro tutti. Se mette in discussione il Governo, esce non solo dall’esecutivo ma anche dall’alleanza con Pd e, in vista delle prossime elezioni, si rimescolerebbero tutte le carte. Dipenderà anche da quello che succede al centro, il cantiere lanciato da Toti potrebbe attrarre a destra e sinistra e questa è forse l’unica cosa che interessa poco a Conte. Le prossime giornate saranno dirimenti per inclinare il piano verso la crisi o la ricomposizione.

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