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Martedì, 16 Aprile 2024
Politica

La tortura non è reato: il cortocircuito che blocca il Senato

Dopo 28 anni di promesse il Senato ha sospeso ancora una volta l’esame del disegno di legge che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Il sindacato di Polizia chiede la riscrittura delle norme

Slitta l’esame a palazzo Madama del disegno di legge che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Dopo l’avvio della discussione la settimana scorsa Lega, Forza Italia e Conservatori e riformisti hanno chiesto la sospensione dell'iter in Senato: la conferenza dei capigruppo non ha indicato una nuova data per il proseguio dell'approvazione della legge. "Un limbo vergognoso" per Sinistra Italiana, unico gruppo parlamentare a votare contro la sospensione insieme a 5 Stelle. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, leader di Area Popolare, aveva chiesto una nuova verifica della legge alla Camera e così gli stessi vertici del Pd al Senato, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, hanno deciso di far slittare il disegno di legge. A pesare le fibrillazioni in Area Popolare (con il capogruppo Schifani dimissionario) e i rimescolamenti tra Scelta Civica e Ala di Verdini. Esultano gli oppositori della legge tra cui Forza Italia e Lega così come esulta il sindacato di Polizia Sap che annuncia "barricate contro il partito dell'Anti-Polizia e contro tutti i finti buonisti" chiedendo una riscrittura delle norme. 

UN RITARDO DI 27 ANNI. Lo stop arriva proprio prima del voto finale a 15 anni dal G7 di Genova e dalle immagini shock del blitz alla scuola Diaz. "Non siamo contrari nel merito alla introduzione di questo reato - commenta il ministro dell’Interno, Angelino Alfano - ma non possono esserci equivoci sull’uso legittimo della forza da parte delle Forze di Polizia".

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Nonostante i numerosi impegni internazionali presi, l'Italia sconta ancora l'assenza di un reato su cui la stessa Onu si è espressa nel 1984: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata dal nostro paese nel 1988, prevede che ogni stato si adoperi per perseguire penalmente quegli atti di tortura delineati all’art.1 della Convenzione stessa.
Dopo 27 anni l'impegno sottoscritto con l'Onu non ha portato all'approvazione di nessuna legge da parte delle aule parlamentari. Così i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani sono sfuggiti alla giustizia poichè mancano strumenti idonei per prevenire e punire efficacemente le violazioni. Molti i casi che chiamano in causa la responsabilità delle forze di polizia - commentano da Amnesty International Italia - per fermare queste violazioni e a beneficio del ruolo centrale della polizia nella sua funzione di protezione dei cittadini, è urgente colmare le lacune esistenti al più presto".

Con lo stop alla discussione al Senato del testo unificato sul reato di tortura si ferma un cammino iniziato il 22 luglio 2013 in seno alla commissione Giustizia, dopo che il 5 marzo scorso venne approvato un testo da sottoporre all'aula. Il testo introduce un reato specifico di tortura e non richiama il requisito della necessaria reiterazione degli atti di violenza o minaccia. 
Il reato viene qualificato imputabile a qualunque cittadino, anche se si prevede l’aggravante se commesso da pubblico ufficiale. Critiche sorgono dall'associazioni per i diritti umani sulla non perseguibilità delle condotte omissive. Eliminata anche la proposta di istituzione di un fondo nazionale per le vittime della tortura.
Per chi vuole una modifica del testo essenziale la reintroduzione del termine "reiterate" nel qualificare le violenza affinchè si qualifichi il reato di tortura. Nel frattempo oltre le mura del Senato gli echi di quanto sta succedendo in Turchia: la linea è quella indicata da Berlino con il no secco al ripristino della pena di morte.

IL TESTO -  Il disegno di legge all'Art.1 introduce la pena di reclusione da tre a dieci anni per chi "con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa".

L'aggravante per le forze dell'ordine. "Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni -  si legge nel testo - ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni."
"Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".

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