Se per Toti gli anziani non sono "indispensabili"
Il governatore della Liguria scrive su Twitter che "Tra i 25 decessi di ieri, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del paese che però vanno tutelate". Poi fa sapere di essere stato frainteso...
"Tra i 25 decessi di ieri, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del paese che però vanno tutelate": il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti forse non si è nemmeno reso conto che la frase che ha pubblicato su Twitter per intervenire oggi nel dibattito sul lockdown in Italia e la possibile chiusura di alcune grandi città come Genova suona leggermente... darwiniana.
O almeno così l'hanno capita un po' tutti finora, anche se forse è un po' colpa della brevità dei messaggi su Twitter, visto che su Facebook il pensiero del governatore ligure è un po' più articolato: "E per quanto ci addolori ogni singola vittima, non possiamo non tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Sono proprio i nostri anziani i più colpiti dal virus e sono quelli che vanno tutelati di più: si tratta di persone spesso in pensione, che non sono indispensabili allo sforzo produttivo del Paese ma essendo più fragili vanno salvaguardate in ogni modo. Perché non si interviene su questa categoria? Proteggendo i nostri anziani di più e davvero, la pressione sugli ospedali e il numero dei decessi diventerebbero infinitamente minori".
Ditemi che non è vero, vi prego (2) pic.twitter.com/l82RLusgyM
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) November 1, 2020
E infatti subito dopo è arrivata una specie di parziale rettifica:
Il mio tweet che sta girando è stato malamente estrapolato da un concetto più ampio per un errore del social media manager e per questo ha generato fraintendimenti. Chiediamo scusa. Negli altri post è comprensibile il senso delle nostre affermazioni.
— Giovanni Toti (@GiovanniToti) November 1, 2020
➡️https://t.co/mcdaFkVb7f
Tuttavia il problema non è tanto quello che si scrive sui social network, ma quello che si fa concretamente. Nell'ultimo mese i presidenti di regione - ognuno, compreso Toti - hanno osteggiato tutti i provvedimenti di chiusura perché spinti dalle contestazioni delle categorie produttive; persino Vincenzo De Luca, che in un impeto di Stato Libero di Bananas qualche giorno fa voleva mandare in lockdown da solo la Campania, ha perso la sua stella da sceriffo chiedendo un lockdown nazionale per non assumersi la responsabilità delle chiusure nel suo territorio, forse spaventato dalle proteste degli ultimi giorni.
Ancora oggi gli enti locali - nonostante i 32mila positivi in un giorno dell'ultimo bollettino della Protezione Civile - si stanno mettendo di traverso rispetto ai lockdown territoriali in città dove l'emergenza sembra scoppiare come Milano e Napoli. In più, qualche giorno fa il commissario Domenico Arcuri ha accusato proprio le Regioni di non aver approntato i posti di terapia intensiva per i quali il governo aveva previsto un rimborso, mentre oggi si lamentano della scarsità di letti nell'emergenza coronavirus. Il sonno delle regioni genera mostri, verrebbe da dire. Ma bisogna anche considerare che tra i governatori ci sono persone molto anziane, per lo più non indispensabili allo sforzo produttivo del paese ma che vanno comunque tutelate, come direbbe Toti su Twitter.