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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Totoquirinale: l'ipotesi Berlusconi (coi voti di Italia viva) e il rischio elezioni anticipate con Draghi

Le tessere del puzzle quirinalizio sono ancora sparse sul tavolo. Il retroscena di Micciché: "Renzi mi ha detto che se a Berlusconi dovessero mancare solo quelli, i voti dei suoi sarebbero garantiti". Fioccano smentite. Ma il favorito resta il premier: solo che senza di lui a Palazzo Chigi, le urne anticipate sono una possibilità reale. A volerle è solo Meloni (e forse Salvini)

Nonostante le richieste di toni bassi (il segretario del Pd Enrico Letta nonvuole sentirne parlare), il Totoquirinale impazza. E probabilmente se ne parlerà sempre di più nelle prossime settimane, tra chi chiede che a salire al Colle sia per la prima volta una donna (Cartabia?) a chi ipotizza convergenze inedite.

Totoquirinale, il retroscena: "Berlusconi al Colle con i voti di Iv"

"Matteo Renzi mi ha detto che se a Berlusconi dovessero mancare solo quelli, i voti di Italia Viva sarebbero garantiti". Gianfranco Micciché, ex parlamentare di Forza Italia e oggi presidente dell’Assemblea regionale siciliana, rivela a Repubblica un retroscena inedito. Si tratterebbe di un passaggio di una conversazione avuta con l’ex premier nel corso di una cena di un mese, in cui si affrontava il tema dell'intesa fra Fi e Iv per le elezioni a Palermo, dove si voterà in tarda primavera.

In realtà Renzi ha un piano diverso per il dopo-Mattarella, e ritiene di poter avere maggiore influenza attraverso un polo di Centro (e Casini è una delle ipotesi in campo). Tuttaviadalla quarta votazione in poi, quandi basta la maggioranza semplice per eleggere il Presidente della Repubblic, sarebbe pronto a garantire il suo soccorso al Cavaliere. Non lesina i particolari il quotidiano romano. Dell’Utri avrebbe anche trasmesso l’ottimismo di Renzi: "Mi ha detto di fidarci di lui che ha fatto cadere Conte e io mi fido".

Renzi attende segnali di vicinanza dal centrodestra, che ha la maggioranza nella giunta per le immunità chiamata a esprimersi sull’utilizzo delle intercettazioni dell’inchiesta su Open. Un sostegno, da parte di azzurri e loro sodali, sarebbe un primo passo.

A stretto giro di posta arriva una smentita. "Anche oggi i giornali pubblicano indiscrezioni su presunti sostegni di Italia Viva a questa o quella candidatura per il Quirinale. Le smentiamo in modo netto è inequivocabile. Chi evoca il nome di Renzi lo fa per una questione di propria visibilità. Ciò che Renzi pensa della corsa per il Quirinale e dell'attuale - difficile - fase politica lo dirà lui stesso nel discorso finale alla Leopolda domenica 21 novembre alle 12", così in una nota l'ufficio stampa di Italia Viva.

Il candidato stra-favorito per il Quirinale resta Mario Draghi, è bene ribadirlo. Evitare il totonomi per  il Quirinale "proteggere il presidente del Consiglio". Parola di Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri ha approfittato del congresso nazionale di Confimprese Italia per parlare del prossimo futuro istituzionale del Paese. "In questo momento Draghi ha tutto il nostro sostegno perché sta portando avanti riforme e obiettivi che ci permetteranno di avere una ripresa solida. Se noi portiamo il presidente del Consiglio o della Repubblica nel dibattito sul Quirinale, indeboliamo le istituzioni".

Perché potremmo ritrovarci Berlusconi al Quirinale

Quirinale, Draghi è sempre il favorito

Un piano B, se saltasse l'ipotesi Draghi, già c'è. E' Giuliano Amato. L’ex premier e giudice costituzionale era il nome su cui, nel 2015, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi pensava di avere un accordo con Matteo Renzi, prima che l’allora presidente del Consiglio e segretario del Pd virasse su Mattarella. Oggi Amato, 83 anni compiuti, potrebbe contare su un sostegno trasversale. Anche per il centrodestra sarebbe un profilo di garanzia.

Per Draghi, candidato sempre favorito, c’è una complicazione: la sua sostituzione a Palazzo Chigi. "Il sospetto di Pd e 5 Stelle - scrive oggi il Sole 24 Ore -  è che Salvini, pur accordandosi sul suo nome al Quirinale, possa poi approfittare di un nuovo presidente del Consiglio per sfilarsi e andare all'opposizione giocando ad “armi pari” con Meloni durante la campagna elettorale. Diffidenze tra leader e dentro i partiti. Infatti, l’indicazione dei rispettivi segretari dovrà superare soprattutto il test di fiducia dei gruppi e dei parlamentari, i più sospettosi perché preoccupati dal rischio voto. Sul nome proposto per il Colle peseranno le prospettive di stabilità che garantisce. E, al momento, se Draghi 'trasloca' al Quirinale, quelle prospettive non appaiono tanto solide".

Che cosa allontana Draghi dal Quirinale

Le tessere del puzzle quirinalizio sono ancora sparse sul tavolo. Una vecchia volpe democristiana come Ciriaco De Mita, 94 anni, dal 2014 sindaco a Nusco, allontana Draghi dal Quirinale. "Che si pensi al presidente del Consiglio come futuro capo dello Stato, ci sta - dice oggi alla Stampa -  ma toccherebbe ragionare anche su cosa ne sarebbe del governo. Mario Draghi ha dimostrato doti straordinarie come amministratore del governo e del Paese. Ed è anche riuscito, fino ad ora, a tenere in equilibrio una maggioranza di forze totalmente eterogenee: c’è qualcun altro che potrebbe esser capace di tanto? La mia opinione - e provo a dirlo con la massima chiarezza - è che tenere Draghi a Palazzo Chigi non è un’opportunità ma una necessità per il Paese". Non è l'unico a pensarla così.

"Ai miei tempi - continua De Mita -  la Dc poteva eleggersi il presidente quasi da solo. Nel 1985 in particolare, con Craxi a Palazzo Chigi e Pertini presidente uscente. Io ero il segretario della Democrazia Cristiana, e invece chiesi agli altri partiti una rosa di nomi tra i quali scegliere insieme il nuovo Capo dello Stato. Chiesi anche al PCI... Solo il Pli non indicò Cossiga, ma risolvemmo rapidamente. Il risultato? 752 voti alla prima votazione".

Difficile che vada così anche stavolta, a febbraio 2022. A meno che già prima dell'inizio delle votazioni non sarà emerso un nome forte in grado di sostituire Draghi a Palazzo Chigi, e di tranquillizzare così tutti quei parlamentari che temono le urne anticipate.

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