rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Mafia

Trattativa Stato-Mafia, Napolitano all'attacco

"Sono solo interpretazioni arbitrarie e tendenziose". Così il presidente della Repubblica prova a chiudere la polemica sul suo coinvolgimento nel tentativo di sottrarre ai pm di Palermo l'inchiesta. Di Pietro: "Quirinale non è oltre la legge"

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano smentisce qualsiasi coinvolgimento del Quirinale nella presunta trattativa Stato-mafia denunciando che "in questi giorni è stata alimentata una campagna di insinuazioni e sospetti sul presidente della Repubblica e sui suoi collaboratori costruita sul nulla".



A margine della festa della guardia di finanza all'Aquila, Napolitano ha parlato di "interpretazioni arbitrarie e tendenziose" volte solo a gettare fango sul paese.



LA TESTIMONIANZA DI SUSANNA LIMA - Intanto dai verbali della procura di Palermo relativi all'inchiesta è saltato fuori il nome Giulio Andreotti. Come riporta il Fatto Quotidiano, pochi giorni dopo l'omicidio di Salvo Lima, la figlia dell'esponente democristiano volò a Roma per incontrare l'ex presidente del Consiglio e questi, ricevendola nel suo studio, le avrebbe chiesto se il nome di Vito Ciancimino, l'ex sindaco mafioso di Palermo, fosse legato all'assassinio del padre.



A raccontarlo ai magistrati è stata la stessa Susanna Lima, che a vent'anni da quel tragico 1992, lo scorso aprile, è stata sentita dai Pm che indagano sulla "trattativa" che parti delle istituzioni e Cosa nostra avrebbero intavolato per porre fine alla stagione delle stragi.



Il verbale, depositato nei giorni scorsi dai magistrati palermitani, "è ancora coperto dal segreto - si legge sul quotidiano - ma è sulla base di questa domanda rimasta senza risposta, che i Pm stanno valutando se interrogare il sette volte, ormai ultranovantenne, presidente del Consiglio".

NAPOLITANO: "SONO SERENO" - "Ho reagito con serenità e trasparenza" ha ribadito Napolitano "rendendo noto anche il testo di una lettera riservata al procuratore generale della Corte di Cassazione". Come a dire - usando le parole del ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri, che "il Quirinale è al di sopra di ogni sospetto"

DI PIETRO: "QUIRINALE NON OLTRE LA LEGGE" - Di ogni sospetto, come detto, ma "non della legge". Così il leader dell'Idv Antonio Di Pietro è entrato nella questione: "Il presidente della Repubblica dovrebbe sapere bene che nessuno, neppure lui, è al di sopra e al di fuori della legge. Prendiamo atto che avalla il comportamento dei suoi più stretti collaboratori che hanno tentato di interferire in un'inchiesta penale in corso". Per questo, ha concluso Di Pietro "torniamo a chiedere una commissione d'inchiesta parlamentare sull'accaduto" perché "l'inchiesta penale può portare anche a concludere che ci siano fatti senza rilevanza penale" ma oggi "è il momento di cercare la verità in nome del sangue versato in quegli anni dalle vittime di uno Stato che aveva calato le brache".

L'INCHIESTA - Nicola Mancino, ex ministro dell'Interno tra il giugno del 1992 e l'aprile del 1994, sarebbe stato inserito tra gli indagati nell'inchiesta dei pm di Palermo sulla famosa "Trattativa Stato-Mafia". Mancino, incalzato dai pm che gli chiedono conto del suo comportamento nei mesi "delle stragi", prova a chiedere aiuto direttamente al Quirinale nella persona del consigliere giuridico Loris D'Ambrosio.

LE TELEFONATE MANCINO - D'AMBROSIO - E' il  marzo 2012 quando D'Ambrosio riferisce di aver parlato "con il Presidente e anche con Grasso", il procuratore nazionale antimafia.Tutti sembrano avere interesse che i 'big' della politica italiana non vengano coinvolti nel famoso "patto" cercato dallo Stato italiano con la mafia.

GLI INDAGATI - Nell'occhio del ciclone, con Mancino, ci sono Giovanni Conso, all'epoca ministro della Giustizia, accusato di false dichiarazioni mentre di "attentato a un corpo politico" si parla nei confronti di Calogero Mannino, ex ministro dell'Agricoltura, degli allora ufficiali dei Carabinieri Antonio Sburanni e Mario Mori, nonché al senatore Marcello Dell'Utri e ai boss Totò Riina e Bernardo Provenzano.

TRATTATIVA STATO-MAFIA - La famosa "trattativa" sarebbe stata - in questi casi ovviamente il condizionale è d'obbligo - una negoziazione che iniziò dopo l'attentato al giudice Falcone. In cambio della fine delle stragi, lo Stato avrebbe garantito un'attuazione delle misure detentive previste dal 41 bis: il famoso "carcere duro".

Una trattativa che, secondo le motivazioni della sentenza del processo a carico di Francesco Tagliavia, fu "assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia".

E proprio in quanto contrario a questa "trattativa", venne ucciso il giudice Borsellino. Quindi, stando alle rivelazioni di alcuni pentiti, tra i quali Spatuzza e Brusca, l'inizio del confronto tra Stato e mafia sarebbe da cercare proprio nei due mesi tra la bomba di Capaci e quella di via D'Amelio.

LE INTERCETTAZIONI - Oggi, le telefonate intercettate dalla Dia, racconterebbero del tentativo, se non di insabbiare l'inchiesta, di sottrarla ai pm di Palermo. Solo grazie all'intervento del procuratore nazionale Pietro Grasso, non sarà così. Ecco però alcuni stralci, ripresi dal quotidiano La Repubblica, delle intercettazioni tra l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino, e il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D'Ambrosio.


D'Ambrosio (D): "Io ho parlato col Presidente e ho parlato anche con Grasso".

Mancino (M): "Sì". D: "Ma noi non vediamo molte... molti spazi purtroppo, perché non..., adesso probabilmente il Presidente parlerà con Grasso nuovamente... eh... vediamo un attimo anche di vedere con Esposito... (il procuratore generale della Cassazione, ndr)... qualche cosa... la vediamo insomma difficile la cosa, ecco...(...) Dopo aver parlato col Presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po'... lo vedrò nei prossimi giorni. Però, lui, lui proprio oggi dopo avergli parlato, mi ha detto: ma sai, io non posso intervenire. Capito, quindi, mi sembra orientato a non intervenire. Tant'è che il Presidente parlava di... come la Procura nazionale sta dentro la Procura generale, di vedere un secondo con Esposito".

M: "Ma io Esposito l'ho sempre ritenuto molto debole, non è forte".

D: "Però se ne sta andando fra un mese, quindi sa...".

M: "Ma figuriamoci, ma...".

D: "Però, ecco, questo è quello che vede il Presidente, adesso evitare il contrasto".

DOVE VOGLIONO ARRIVARE I PM - Mancino è agitato, si sfoga, per ora è solo un testimone nell'inchiesta ma ha paura di essere incriminato dai pm di Palermo per la trattativa fra Stato e mafia. 

M: "Anche se... non so dove vogliono arrivare questi, che vogliono fare".

D: "Ma è chiaro che... che non si capisce ma non si capisce neanche più la trattativa se devo essere sincero. Io l'oggetto della trattativa mica l'ho capito, no... mi sfugge proprio completamente".

M: "Io personalmente ritengo di avere, diciamo, le mani pulite, la coscienza tranquilla (...) Uno che deve dire, quello che dice Martelli (l'ex ministro della Giustizia, ndr)? Ma Martelli non è fonte di verità".

D: "Certo, ma io comunque riparlerò con Grasso, perché il Presidente mi ha detto di risentirlo. Però io non lo so... francamente... lui è ancora orientato a non fare niente, questa è la verità".

M: "No, perché poi la mia preoccupazione è ritenere che dal confronto con Martelli... Martelli ha ragione e io ho torto e mi carico un'implicazione diciamo sul piano processuale ".

D: "Ecco, insomma, noi ecco, parlando col Presidente se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa...".

I RETROSCENA DELLA LETTERA - Come riporta La Repubblica, "le telefonate fra Mancino e D'Ambrosio cominciano il 25 novembre del 2011 e continuano fino al 5 aprile scorso. Il giorno prima - il 4 aprile - il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra invia una lettera al procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito chiedendogli informazioni "sul coordinamento delle inchieste fra le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze sulla trattativa". Il giorno dopo Mancino si preoccupa soprattutto che quella lettera resti segreta. E chiama ancora una volta D'Ambrosio".

M: "Io ho avuto questa lettera, ma siamo sicuri che non si diffonde notizia...". 

D: "Se adesso ha pazienza, gliela leggo...".

M: "Sì".

D: "Io a lei ho dato una comunicazione meramente informativa, mentre Marra ha scritto al procuratore generale, ma dopo che io avevo avuto i miei contatti, anche con il nuovo procuratore generale".

M: "Ho capito".

D: "Accompagnando la sua nota dalla condivisione del Presidente (...) . Io ero dell'idea di non mandare nulla, poi Marra ha detto: ma mandiamo la lettera in cui ci limitiamo a dire che abbiamo trasmesso. Dico: guarda che così può essere interpretata anche come un voler scaricare su Mancino la responsabilità. (...) Per cui in realtà quello che adesso uscirà, se esce, esce la lettera del Presidente, esce la lettera di Marra a nome del Presidente. E cioè che gli dice: dovete coordinarvi. Tu Grasso, cioè, fai il lavoro tuo, ecco".

Ma alla fine Grasso bloccò tutto.

 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Trattativa Stato-Mafia, Napolitano all'attacco

Today è in caricamento