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Venerdì, 29 Marzo 2024

Bambini rapiti per diventare baby kamikaze: l'orrore della guerra in Siria

Maurizio Molinari, corrispondente dal Medio Oriente della Stampa di Torino, racconta una drammatica storia che vede protagonisti i più indifesi: i bambini

Maurizio Molinari, corrispondente dal Medio Oriente della Stampa di Torino, racconta una drammatica storia che vede protagonisti i più indifesi: i bambini. Centottantasei bambini siriani curdi sono stati rapiti lo scorso 30 maggio dai miliziani islamici di Isis che li vogliono far diventare baby-kamikaze nella guerra in corso in Iraq e in Siria con la quale l'Isis vuole mettere in piedi un Califfato jihadista. Mustafa e Mohammed, due ragazzini, sono riusciti a fuggire assieme a due coetanei. Così, solo così, il mondo è venuto a conoscenza di questo dramma.

La vicenda inizia quando una carovana di dieci minivan lascia l’enclave curda di Kobani, ai confini con la Turchia, diretta verso Aleppo. A bordo ci sono 186 ragazzi, fra i 14 e 16 anni, diretti nella maggiore città siriana per sottoporsi a esami scolastici che la guerra civile rende oramai impossibili nelle località più decentrate. I pulmini vengono fermati alla periferia del centro urbano ad un posto di blocco con le bandiere nere di Isis - lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria - e dirottati su un altro percorso. La destinazione è Minbej, un piccolo centro nelle regioni orientali della Siria sotto il controllo dei jihadisti.  

In un primo momento alcune scuole coraniche prendono in affidamento i piccoli, che vengono sfamati con alimenti che i bambini non avevano più potuto mangiare da tempo: verdure, dolci. Le scuole sono sorvegliate, raccontano i bambini che sono scappati, da uomini armati libici, sauditi. Ai ragazzi curdi vengono mostrati a ripetizione filmati in cui si esaltano i martiri della Jihad che "sacrificare la vita contro gli infedeli".

Mustafa dopo quattro giorni riesce a fuggire, assieme a tre altri ragazzi, e torna a Kobani dove da quel momento circolano, secondo fonti locali, le voci più disparate: dalla decapitazione di alcuni ragazzi al fatto che altri avrebbero ceduto alle pressioni psicologiche e accettato l’offerta di arruolarsi nella Jihad.

Fonte: La Stampa →
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