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Giovedì, 18 Aprile 2024

Parla il chirurgo: "Così ho salvato Bebe Vio in sala operatoria"

La campionessa veneta, oro alle Paralimpiadi di Tokyo nel fioretto, lo scorso aprile è stata operata per una grave infezione da stafilococco che ha messo a rischio non solo la carriera ma anche la sua vita

Una vittoria dal valore inestimabile, frutto della forza di volontà, del sacrificio e anche della medicina: quella di Bebe Vio, oro nel fioretto alle Paralimpiadi di Tokyo, è una storia che continua a ispirare, soprattutto dopo che la stessa Vio ha raccontato di avere rischiato l’amputazione del braccio sinistro soltanto lo scorso aprile.

A curarla, e a permetterle di partecipare alle Paralimpiadi pochi mesi dopo una pericolosissima infezione da stafilococco, è stata l’equipe coordinata dal professor Riccardo Accetta, primario di Traumatologia dell'Irccs Galeazzi di Milano, che in un’intervista a Repubblica ha voluto sottolineare che “quello di Bebe non è un ringraziamento a una persona sola, ma a tutta la medicina, al senso del mio lavoro, all'aiutare gli altri quando possibile".

Vio è stata operata ad aprile, e come ha spiegato sia lei sia il suo medico, ha rischiato non solo di perdere il braccio ma anche di morire: l’equipe del professor Accetta ha compiuto un vero e proprio miracolo medico, che unito alla determinazione della campionessa 24enne ha consentito di arrivare sino a Tokyo pochi mesi dopo l’intervento chirurgico.

“Se non fossimo intervenuti subito l'infezione non curata avrebbe portato alla setticemia, e quindi anche alla morte - ha confermato Accetta - Bebe ha avuto una sublussazione traumatica del gomito in allenamento e il gomito è proprio dove lei ha l'invaso del fioretto. Hanno provato a trattarla con l'antibiotico ma non e' bastato perchè l'infezione ha colpito l'articolazione, e se l'infezione fosse andata avanti avrebbe distrutto l'articolazione”.

I rischi insomma erano altissimi, ma l’equipe del Galeazzi di Milano si è dedicata anima e corpo alla paziente: “È quel che facciamo sempre, ma a volte succede che si curi una persona speciale che ci restituisce la voglia di lavorare, ancora più in un periodo duro come quello che abbiamo vissuto tra odio, scetticismo, aggressioni alla scienza - ha detto Accetta - Le persone come Bebe rimettono al centro i valori veri, il senso della ricerca e il lavoro ospedaliero".

Vio dal canto suo ha dovuto gestire una situazione difficilissima e dolorosa sotto molti punti di vista: “All'inizio non voleva fermarsi, aveva gli allenamenti e un'Olimpiade da affrontare. La famiglia è stata decisiva”, ha raccontato Accetta, andando poi indietro nel tempo: “Supportare una ragazza di 11 anni che da un momento all'altro da sana e giovane si ritrova con una disabilita' gravissima senza smettere mai di sorridere e di lottare non è da tutti”. Vio è stata infatti colpita da una meningite fulminante all’età di 11 anni, un’infezione devastante che ha causato la necrosi ad avambracci e gambe e ha reso necessaria l’amputazione.

Fonte: La Repubblica →
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