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Venerdì, 19 Aprile 2024
La previsione

"L'epidemia di coronavirus non finirà nel 2021"

Secondo Robert Gallo, uno degli scopritori del virus dell'Aids, non ci libereremo così presto del Covid: ''Ci saranno zone del mondo con numeri di contagi ancora alti''. Sui vaccini: ''Mi preoccupa la durata dell'immunità''

Dopo quasi un anno di lotta al coronavirus, l'arrivo dei vaccini fa ben sperare in una vittoria definitiva contro il Covid 19, che è riuscito a mettere in ginocchio il mondo intero. Ma nonostante alcuni Paesi stiano già iniziando a somministrare le prime dosi, mentre altri lo faranno nei prossimi mesi, c'è il rischio che la pandemia si prolunghi anche oltre il prossimo anno. La previsione arriva da Robert Gallo, fra gli scopritori, negli anni ’80, del virus dell’Aids e del primo test per diagnosticare l’Hiv, oggi direttore dell’Institute of Human Virology presso la University of Maryland (Usa): "Non sono assolutamente sicuro che la pandemia Sars-CoV-2 finirà nel 2021, mi aspetto che in alcune parti del mondo ancora ci saranno numeri di contagi ampi". 

"Mi vaccinerò, ma sul fatto che debba essere obbligatorio dipende dal Paese – ha proseguito Gallo, intervistato da AdnKronos Salute - E' molto difficile in Usa esigere qualcosa a meno che dell'epidemia Sars-CoV-2 diventi ancora più estesa, allora potrebbe anche esserci un momento in cui il vaccino potrebbe diventare obbligatorio. Al momento la maggior parte di noi ritiene che si possa convincere le persone senza obbligarle a vaccinarsi".

E sulla realizzazione del vaccino in tempi record dice: "Sviluppare una terapia contro l'Hiv è stato un risultato più importante che arrivare in meno di un anno al vaccino contro Sars-CoV-2 perché, in questo caso, non è un problema realizzarlo. Quindi, per me non è stato un risultato monumentale arrivare in meno di un anno all'obiettivo del vaccino, mi ha sorpreso solo la velocità".

Vaccino, quando dura l'immunità?

Per quanto riguarda Sars-CoV-2 "mi preoccupa la durata dell'immunità dei candidati vaccino. Quanto dura? Quando facciamo nel nostro istituto un esperimento sulle scimmie con un candidato vaccino per l'Hiv vediamo che fino alla decima settimana sono protette, ma se le stimoliamo con il virus alla 15esima settimana non lo sono più. Quindi con un candidato vaccino per l'Hiv abbiamo un problema reale della risposta immunitaria". 

 "Il virus dell'Hiv e il coronavirus sono differenti - precisa Gallo - Dal momento in cui si è esposti all'infezione da Hiv il sistema immunitario si inizia a danneggiare. Basta un giorno e i retrovirus come l'Hiv agiscono immediatamente, quindi serve una protezione immunitaria costante e non c'è tempo per un richiamo usando un vaccino, la 'difesa' deve essere sempre pronta". A quasi 40 anni dalla scoperta dell'Hiv non si è arrivati al traguardo del vaccino, un obiettivo invece raggiunto in meno di un anno con il coronavirus, "ci sono dei misteri scientifici ancora ignoti sull'Hiv- osserva Gallo - anche per i retrovirus che colpiscono gli animali non si è arrivati ad un vaccino, ma non vuol dire che non sia possibile. Forse non abbiamo ancora la profondità scientifica sufficiente, la mia prima pubblicazione scientifica è sul vaccino ed è datata 1984. Il vaccino per l'Hiv è ancora una spina del fianco". 

Sulla possibilità che i pazienti sieropositivi in cura con le terapie antiretrovirali potrebbero essere più protetti dal Covid-19, lo scienziato americano chiarisce "ci sono alcuni studi ma nulla di significativo. Sarei sorpreso in realtà - avverte - perché gli enzimi che sono il target dei farmaci anti-Hiv sono diversi dalle proteine del Sars-CoV-2".

Fonte: AdnKronos Salute →
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