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Venerdì, 29 Marzo 2024

Coronavirus, "nei supermercati dobbiamo abituarci alla pazienza, a volte manca senso civico”

BolognaToday intervista Anna Maria, responsabile del reparto casse di una grande catena di supermercati nel bolognese: cosa vede ogni giorno e come sono cambiate le abitudini di spesa dei suoi clienti

Anna Maria lavora come responsabile del reparto casse di una grande catena di supermercati nel bolognese. Un settore che in queste settimane di lockdown non si è mai fermato, con migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori della grande distribuzione che hanno continuato a lavorare e a stare a contatto con il pubblico, tra difficoltà e preoccupazioni. 

“Non è facile per nessuno, il mio ruolo è più che mai sociale, di assistenza, di accompagnamento al cliente. Per loro siamo un punto di riferimento, le persone che li aiutano a comperare qualunque cosa pur di non rimanere senza cibo. Il flusso è costante ogni giorno”, racconta a BolognaToday. La maggior parte dei clienti rispetta le distanze di sicurezza. “Il discorso della distanza, quello, nella maggior parte dei casi è stato capito quasi immediatamente, a parte qualche caso di anziani che sono stati, a parole, maltrattati dai clienti più giovani e poco pazienti”, spiega. Ormai il supermercato è diventato “un nuovo parco dove ammirare scaffali invece di alberi, oggetti senza vita invece di uccelli e farfalle”, dove i clienti “spesso entrato e passeggiano, si fermano a fare telefonate, parlano a distanza col vicino che non vedevano da giorni” e “il loro svago li porta a dilungare il tempo di permanenze all’interno del punto vendita e di conseguenza di creano file lunghe” ma, dice Anna Maria, “siamo bravi nel gestirle e i tempi di attesa vanno sui 20/30 minuti circa, a volte meno”.

Coronavirus, al supermercato "quello che manca è il buon senso, il senso civico"

Nel punto vendita dove lavora Anna Maria sono state adottate procedure particolari per tutelare operatori e clienti: “per entrare ora dobbiamo misurare la temperatura, chiedere ai clienti di indossare guanti e si consiglia di coprire naso e bocca con mascherina o altro”.

Regole accettate e rispettate nella maggior parte dei casi, anche se non manca chi cerca di fare il furbo (magari entrando in due per famiglia e facendo finta di conoscersi) oppure chi si appella alla privacy, perché non c’è l’obbligo di mascherina o non vogliono farsi misurare la febbre, o ancora chi non accetta di vedersi passare avanti operatori sanitari o invalidi per ovvi motivi.

“Quello che manca è il buon senso, il senso civico, prevale come al solito la furbizia, piuttosto infantile ed evidente”, denuncia Anna Maria. Tanti poi fanno “shopping compulsivo”, buttando nel carrello “spese senza senso, come litri di disinfettanti”. I prodotti più venduti, secondo la “classifica personale” di Anna Maria sono gel igienizzanti per le mani, alcool e guanti in lattice, ma non mancano anche lievito di birra e alcolici. Il rischio è di rimpiersi la casa di "quintali di prodotti", che alla lunga finiranno solo per diventare scarti, dice Anna Maria. 

"Al supermercato dovremmo imparare ad abituarci alla pazienza"

Lei e i suoi colleghi hanno avuto “quasi da subito” i dispositivi di protezione. “La prima cosa sono stati i guanti, poi sono arrivate le mascherine e i plexiglass davanti le casse. Inoltre siamo forniti di gel igienizzante. È chiaro che il rischio c'è comunque e si cerca di fare attenzione ogni giorno”. 

“La paura è tanta e credo che per quanto sia, non saremo mai tutelati abbastanza, ma abbiamo un ruolo oggettivamente importante in questo momento, se ne prende consapevolezza e si va avanti sperando solo di stare bene, per tutelare i nostri familiari, perché tornando a casa il rischio chiaramente lo corrono anche loro e ci si sente responsabili. È un macigno ogni volta se mi fermo a pensarci”, afferma. 

Come cambierà in futuro l’ipermercato? “Temo che dovremmo abituarci a questa nuova vita, fatta di mascherine e guanti, i nostri occhi saranno i nostri sorrisi. Dobbiamo abituarci alla pazienza. Saremo costretti ad accettare questa lentezza, di cui sono convinta il mondo, l'ambiente avesse bisogno. Credo comunque che sia solo un cambio di abitudini per noi e che l'unica cosa che conta sia stare bene”, dice Anna Maria. 

“Quello che provo da donna lavoratrice non è tanto la stanchezza fisica, quanto quella psicologica, come tanti, come tutti forse. Ho sempre pensato che il mio ruolo all'interno del supermercato fosse un ruolo sociale e oggi lo è diventato più che mai. Se posso aggiungere solo un messaggio importante: Buon senso e Rispetto. Se riusciamo a fare questo, avremo un mondo migliore, ma forse questa è chiedere troppo, pura utopia per una sognatrice come me”. 

Fonte: BolognaToday →
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