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Martedì, 23 Aprile 2024

"Yara, se sul Dna l'accusa vacilla la difesa di Bossetti avrà gioco facile"

Al quotidiano romano Il Messaggero, Carlo Federico Grosso spiega: "Se veramente sarà stabilito, come appare leggendo i giornali, che sulle mutandine di Yara è stato trovato del sangue e che quel sangue appartiene a Bossetti, almeno in astratto potrebbe bastare questo"

Mentre si è concluso l'interrogatorio in carcere per la convalida del fermo di Giuseppe Bossetti, l'uomo di 44 anni fermato per l'omicidio di Yara Gambirasio (l'uomo si avvale della facoltà di non rispondere), sui quotidiani esperti giuristi dicono la loro sul caso.

"La prova del Dna è una delle più inattaccabili. Certo, però, se è su questo punto che vacilla l'accusa, la difesa può avere gioco facile nel tentare di smontare l'intero impianto accusatorio". E' il pensiero di Carlo Federico Grosso, professore di Diritto Penale all'università di Torino e all'epoca dei fatti primo difensore di Annamaria Franzoni nel processo di Cogne.

Al quotidiano romano Il Messaggero, Carlo Federico Grosso spiega: "Se veramente sarà stabilito, come appare leggendo i giornali, che sulle mutandine di Yara è stato trovato del sangue e che quel sangue appartiene a Bossetti, almeno in astratto potrebbe bastare questo anche ad arrivare a una condanna in cui la prova sia stata considerata dimostrata 'oltre ogni ragionevole dubbio', come vuole la Cassazione".

Ma le cose potrebbero anche andare diversamente:

"Se la difesa sarà in grado di avanzare una ricostruzione alternativa dei fatti, questo potrebbe mettere in discussione l'intera costruzione. Credo che dal punto di vista dell'accusa a questo punto sia importante ripetere il test per chiarire bene la situazione". Il silenzio davanti ai pm di Bossetti "dal punto di vista difensivo mi pare assolutamente comprensibile. Se il quadro probatorio ha elementi di fragilità, la sua scelta è difensivamente corretta".

Fonte: Il Messaggero →
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