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Giovedì, 28 Marzo 2024

Che cosa rischia chi offende qualcuno su Facebook

Gli insulti a mezzo social sono a tutti gli effetti un reato e possono portare ad una condanna per diffamazione aggravata. Le cose da sapere

Gli insulti pubblicati su Facebook possono costare caro all’autore delle offese. Come ricorda il sito La legge per tutti, la Cassazione in una recente sentenza ha infatti stabilito che le offese sui social network sono a tutti gli effetti un reato e possono portare ad una condanna per diffamazione aggravata.

Prima però va fatta una distinzione tra le offese ricevute in privato (ad esempio sulla propria chat) e quelle ricevute pubblicamente: nel primo caso, infatti, non si parla di diffamazione ma di semplice ingiuria: non un reato penale, ma un illecito civile. La sanzione prevista in questi casi può variare da un minimo di cento ad un massimo di ottomila euro.

Offese su Facebook, la sentenza della Cassazione

Se invece qualcuno ci insulta pubblicamente su Facebook (ma il discorso vale anche per gli altri social) rischia la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa non inferiore a 516 euro.

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Facebook e gli altri social vengono infatti considerati alla stregua di un mezzo di pubblicità in quanto, citiamo dalla sentenza, sono in grado di "raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando - ed aggravando - in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa".

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Insulti sui social, meglio contare fino a dieci

Perché ciò avvenga è però necessario che l’offesa sia effettivamente letta da più persone e che la diffusione delle offese possa avvenire in maniera incontrollata. Il soggetto che riceve l’offesa deve inoltre essere ben individuabile. Se i giudici riscontrano la presenza di questi presupposti, il rischio di vedersi comminata una condanna è reale. Insomma, prima di commentare a sproposito è meglio contare fino a dieci. Che poi la maggior parte delle offese non venga neppure denunciata è cosa risaputa. Ma non è certo un argomento da poter usare un domani davanti ad un giudice. 

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Fonte: Laleggepertutti.it →
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