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Venerdì, 19 Aprile 2024

Ecco chi sono i 50 italiani convertiti alla jihad: "Giovani e manipolati"

Il Corriere della Sera oggi delinea l’identikit di tutti i combattenti italiani arruolati dal terrorismo nelle schiere dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante)

Molti sono italiani, italianissimi. Altri sono figli di immigrati, di seconda generazione. Cinquanta giovani nostri connazionali sono stati reclutati (quasi sempre via web) e da Brescia, Torino, Ravenna, Padova, Bologna sono volati in Siria e in Iraq per combattere nella jihad, la guerra santa dei terroristi islamici. Il Corriere della Sera oggi delinea l’identikit di tutti i combattenti italiani arruolati dal terrorismo nelle schiere dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante).

Secondo la nostra intelligence si tratta di un fenomeno frammentato, non riconducibile a una singola organizzazione. Una cosa è certa: ci sono alcuni residenti in Italia, circa 200, che fungono da «ufficiali di collegamento» tra il nostro territorio e il terrorismo islamico. A differenza di Gran Bretagna, Germania e Francia e Belgio, dove gran parte dei jihadisti reclutati vanno subito a combattere in Iraq e Siria, in Italia invece molti giovani reclutati restano qui per fornire sostegno logistico, organizzativo e di reclutamento.

I «foreign fighters», dalle indagini finora svolte, sono tutti molto giovani. Hanno tra i 18 e i 25 anni. E sono per lo più maschi. Non si hanno per il momento notizie di donne partite dall’Italia per combattere. Sono stati convertiti alla fede jihadista spesso attraverso il web. È la novità principale del fondamentalismo violento. Un’insidia molto difficile da combattere. L’indottrinamento avviene con tecniche pervasive e rapide, che in poco tempo fanno fare ai ragazzi il passo decisivo della partenza verso i teatri di guerra. Tecniche psicologiche manipolative potenti, sperimentate in Pakistan, nei campi di addestramento per giovani kamikaze.

Quali sono le province italiane più "a rischio" in base ai dati in possesso della nostra intelligence? Brescia, Torino, Milano, Ravenna, Bologna, Padova, la Valcamonica, Napoli e Roma.

Se il web aumenta la capacità pervasiva di radicalizzazione, secondo l’intelligence andrebbe certamente tenuta sotto maggiore controllo l’attività svolta nelle moschee. Mentre in molti Paesi islamici esiste un ministero degli Affari religiosi che a volte valuta in anticipo i sermoni tenuti da imam conosciuti e controllati, da noi no. E senza l’obbligo di pronunciare i discorsi in italiano diventa difficile capire quando la religione cede il passo alla violenza.

Fonte: Corriere della Sera →
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