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Martedì, 23 Aprile 2024

Giuseppe Uva, carabinieri e poliziotti assolti: "Non ci furono percosse"

L'operaio morì la mattina del 15 giugno del 2008 dopo essere stato nella caserma dei carabinieri di Varese. Tutti gli uomini delle forze dell’ordine tre mesi fa sono stati assolti dall’accusa di omicidio preterintenzionale: ecco le motivazioni

Sono state pubblicate le motivazioni dell’assoluzione degli uomini delle forze dell’ordine dall’accusa di omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva, l’operaio morto la mattina del 15 giugno del 2008 dopo essere stato nella caserma dei carabinieri di Varese. Era stato portato in caserma perché con un amico, ubriachi, avevano spostato alcune transenne.

LA SENTENZA - La sentenza aveva fatto discutere. La sorella di Giuseppe Uva, Lucia, che per anni ha portato avanti una lunga battaglia, spesso solitaria, per far emergere la verità, aveva commentaro sdegnata: "La giustizia è vergognosa". Profonda insoddisfazione era stata espressa da Amnesty International Italia, che parla di "un percorso giudiziario a dir poco tortuoso, caratterizzato da mancati approfondimenti in fase di indagine preliminare, lacune nelle ipotesi accusatorie tali da portare all'avocazione del caso e da una costante stigmatizzazione dei familiari di Uva. "Si tratta di una brutta pagina di storia giudiziaria - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia - che richiama ancora una volta la necessità e l'urgenza di prevedere strumenti più adeguati di prevenzione e punizione delle morti in custodia". 

LE MOTIVAZIONI - In 162 pagine i giudici della Corte d’assise di Varese motivano l’assoluzione dall’accusa di omicidio preterintenzionale, evidenziando “l’insussistenza di atti diretti a percuotere o a ledere. La perizia medico-legale e l’audizione dei consulenti tecnici di ufficio e delle parti consentono di "escludere in maniera assoluta la sussistenza di qualsivoglia lesione che abbia determinato o contribuito a determinare il decesso di Giuseppe Uva".

I famigliari di Uva avevano intrapreso una dura battaglia per la verità sostenendo che l’uomo era stato duramente picchiato in caserma, ma per i giudici nemmeno “il fattore stressogeno, da taluni dei consulenti ritenuto causale o concausale di uno stress psicofisico, non può essere attribuito alla condotta degli imputati”, i quali “non avevano la coscienza e la volontà di percuotere o di ledere Giuseppe Uva”. L’operaio, emerse dopo la morte, era affetto da una grave patologia cardiaca.

Fonte: Il Fatto Quotidiano →
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