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Venerdì, 19 Aprile 2024

Insulta la commessa perché mamma: "Speravo tu fossi sterile"

Offese e minacce a una lavoratrice da parte della responsabile del negozio di telefonia dove lavorava. Ma nel processo d'appello arriva la condanna: un risarcimento da 10mila euro per "discriminazione di genere"

Dopo tante difficoltà, era riuscita a rimanere incinta di due gemelline. Ma tornata a lavoro dopo il congedo per maternità, per la commessa di un negozio di telefonia di Firenze è iniziato un incubo. Prima le è stato "suggerito" di non tornare sul posto di lavoro, poi le hanno negato il part-time e infine è stata subissata di minacce e insulti. 

Tutto è successo il 16 giugno 2010: la commessa, rientrata a lavoro, quel giorno chiama la direttrice per dirle che una delle sue bambine sta male, va portata al pronto soccorso e questo non le permetterà di fare il turno della giornata. La direttrice perde le staffe e al telefono le dice: "Per colpa tua e dei tuoi figli ho dovuto assumere un'altra persona, se non vieni al lavoro alle 15.30 in punto ti faccio il culo, mi sono rotta i c… di te e dei tuoi figli e non me ne frega un c… se tua figlia sta male. Procurati una fottuta baby sitter, vendi l'auto se non puoi pagartela, devi rientrare al lavoro di corsa e stai attenta perché questo è l'ultimo avvertimento che ti do". In macchina con la madre che sta portando la figlia in ospedale c'è anche sua sorella, che sente tutto e verrà poi chiamata a testimoniare. Nonostante tutto la donna richiama l'azienda per confermare che rispetterà l'orario di lavoro ma chiede spiegazioni di quelle parole al telefono. A quel punto la direttrice non si fa più scrupoli: "Col tuo atteggiamento da mamma mi offendi, hai rotto con questa malattia, ricordati che ho soldi, conoscenze e potere per rovinarti, non mangio grazie al punto vendita e posso tirare fuori i soldi per farti il culo in due". E poi continua: "Scordati il part time che mi hai chiesto, devi farti il c… a lavorare dato che sei una super mamma e hai voluto dei figli… vedremo quanto sei dura. Ti ho assunto sperando fossi sterile ed è solo grazie alle terapie che me lo hai tirato in c…". 

Una storia raccontata nelle pagine di Repubblica Firenze ma che non si conclude così: la donna ha fatto causa, rivolgendosi al tribunale di Firenze e alla consigliera di Parità della Toscana Marina Capponi. In primo grando l'incubo sembrava continuare: ha perso ed è stata condannata al pagamento delle spese legali. Ma poi la corte d'Appello ha ribaltata il giudizio: la mamma, per i giudici, ha subìto "discriminazione di genere" e quindi va risarcita con 10mila euro. Per il giudice di primo grado queste telefonate, confermate da più testimoni, rappresentavano "un deprecabile diverbio". Per quelli dell'Appello, semplicemente mobbing.

Fonte: Repubblica Firenze →
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