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Giovedì, 25 Aprile 2024

"Così l'Isis mi ha arruolato per portare il terrore in Europa"

Il New York Times pubblica una intervista a Harry Sarfo, un cittadino tedesco che nel 2015 ha lasciato Brema per approdare in Siria: lì è entrato in contatto con il servizio segreto dello Stato Islamico per diventare un jihadista. "Vi racconto il progetto di morte dello Stato Islamico"

Harry Sarfo è un cittadino tedesco: credendo di rispondere a una chiamata santa lascia la sua casa di Brma e dopo aver guidato quattro giorni di fila entra in Siria raggiungendo il territorio sotto controllo dello Stato Islamico. Sarfo è ora in carcere per affiliazione al terrorismo e intervistato dal New York Times ha raccontato del suo percorso d'addestramento che aspetta a tutte le reclute del Califfato.

L'ADDESTRAMENTO. Secondo il racconto di Sarfo il braccio armato dello Stato Islamico prevede un'addestramento in dieci livelli, dalle arti marziali all'innesco di ordigni, fino alla selezione finale operata da medici, con tanto di test psicoattitudinali. Il kalashnikov doveva essere il suo terzo braccio. Alla fine dell'addestramento, i leader islamisti gli chiesero se fosse pronto a tornare a casa. 

"Abbiamo bisogno di combattenti in Germania e Inghilterra per fare attacchi simultanei in tutta Europa". Questo succedeva prima dei fatti di sangue parigini: alla domanda di Sarfo su "opportunità" di colpire in Francia, i militari rispondevano "mafi mushkilah", lì siamo a posto.

Questa conversazione si è svolta nell’aprile 2015, sette mesi prima dei massacri coordinati di Parigi a novembre, i più gravi attentati terroristici in Europa da oltre un decennio a questa parte.  Prima ancora degli attentati di Parigi e delle difficoltà sui campi di battaglia mediorientali la strategia dello Stato Islamico era già improntata ad inviare soldati addestrati direttamente in Europa, Asia, Africa, America, sfruttando estremisti fanatici votati al martirio, incensurati, sconosciuti alle forze dell'ordine: i lupi solitari  usati come staffette con i "quadri" del Califfo impegnati a  fornire le cellule di armi. Agenti mascherati appartenenti ad un’unità dell’intelligence dello Stato Islamico meglio nota in arabo come Emni, è diventata ormai una via di mezzo tra una forza dell’ordine interna e un ramo dedito alle operazioni all’estero, impegnata a esportare il terrorismo.

"Ci hanno chiesto se non ci seccava tornare in Germania, perché è di quello che avevano bisogno in quel periodo - ricorda Sarfo - Hanno anche aggiunto di volere che ogni attacco avvenisse in simultanea con un altro: vogliono compiere attentati in contemporanea in Inghilterra, in Germania e in Francia". 

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E' sempre più chiara l’esistenza di un servizio segreto di più livelli sotto il comando generale del comandante supremo dello Stato Islamico, portavoce e capo della propaganda Abu Muhammad al-Adnani. Sotto di lui vi è un livello di luogotenenti incaricati di programmare attentati in diverse località del pianeta.

Grazie all’opera di coordinamento di Adnani, la pianificazione degli attentati è andata di pari passo con le estese operazioni della propaganda del gruppo — comprese le riunioni mensili durante le quali, a detta di Sarfo, Adnani ha scelto quali raccapriccianti filmati far circolare sulla base degli eventi in corso sul campo di battaglia. Dai rapporti investigativi risulta che suoi militanti addestrati sono stati mandati anche in Austria, Germania, Spagna, Libano, Tunisia, Bangladesh, Indonesia e Malesia. 

Gli agenti insegnano di tutto, da come costruirsi un giubbotto esplosivo a come far rivendicare all’Is la loro violenza.

Il primo porto d’attracco per i neo arrivati nello Stato Islamico è una rete di dormitori in Siria, appena superato il confine turco. Lì i nuovi arrivi sono interrogati e schedati. A Sarfo sono state prese le impronte digitali e un dottore gli ha effettuato un prelievo di sangue e un esame fisico generale. Un uomo con un laptop lo ha sottoposto a un vero e proprio interrogatorio.

Sarfo si è reso conto che i leader dello Stato Islamico stavano organizzando un portfolio globale di terroristi, e cercavano di riempire i buchi della loro rete internazionale. Ha descritto ciò che gli è stato riferito riguardo all’opera di realizzazione di una loro rete in Bangladesh. Lì il mese scorso un assalto seguito da una presa di ostaggi, compiuto da un gruppo di uomini armati affiliati allo Stato Islamico, ha provocato la morte di almeno venti ostaggi, di cui 9 italiani.

Fonte: New York Times →
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