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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Uccise i passanti a picconate: Kabobo condannato per una tv rotta

Nel 2012 il ghanese era a Borgo San Nicola, dopo un arresto per la precedente rivolta nel Cara di Bari. In cella, dopo una lite con un altro detenuto, sfasciò la tv. Una volta scarcerato, di lui si persero le tracce. Fino a quando uccise tre persone

LECCE Tre mesi di reclusione e pagamento delle spese processuali. E’ la sentenza emessa dal giudice Fabrizio Malagnino, della seconda sezionale penale del Tribunale di Lecce, nei confronti di Adam “Mada” Kabobo, ghanese 32enne.

La colpa di quest’ultimo, aver sfasciato un televisore del penitenziario leccese di Borgo San Nicola, durante un suo periodo di reclusione. Secondo gli esiti dell’indagine, questo avvenne il 19 gennaio 2012 al termine di una lite con un altro detenuto, all'interno della cella in cui erano entrambi destinati. Nel procedimento odierno, l’accusa aveva chiesto sei mesi. Kabobo era difeso dall’avvocato Luciano De Francesco. 

La storia assumerebbe assolutamente un profilo di terz’ordine, addirittura non meritevole di finire nelle cronache, se non fosse per lo spessore che ha assunto il personaggio a causa di un terrificante episodio di cronaca che in Italia nessuno dimenticherà mai. Al punto tale che oggi era scortato in aula da un massiccio dispositivo di sicurezza: almeno una decina di agenti di polizia penitenziaria.

Come si ricorderà, una volta uscito di prigione e finito nel suo girovagare senza meta precisa a Milano, alle prime luci dell’alba dell’11 maggio del 2013, usando un piccone, in zona Niguarda uccise tre incolpevoli passanti: Ermanno Masini di 64 anni, Daniele Carella di 21 e Alessandro Carolè di 40. Altri due rimasero feriti in quella folle mattinata di sangue, prima che i carabinieri riuscissero a bloccarlo, ancora con l’arma del delitto stretta fra le mani.

Per quegli atroci e insensati omicidi, Kabobo a metà aprile è stato condannato a vent’anni di carcere e tre in cura presso un centro specializzato, dal gup del Tribunale di Milano, Manuela Scudieri. Il massimo previsto, considerando che il processo in primo grado s’è celebrato con il rito abbreviato e che è stata riconosciuta la seminfermità mentale. Una sentenza che non ha soddisfatto i parenti delle vittime.

Oggi, dunque, il ghanese ha dovuto rispondere anche di quell’episodio di Lecce, precedente alla feroce aggressione, in apparenza marginale, ma che pure è da non sottovalutare, perché è una delle varie vicende giudiziarie in cui è rimasto coinvolto, dal momento in cui ha messo piede in Italia. Quasi un tassello di passaggio, verso quel drammatico finale che ha quasi dell’incredibile.  


 

Fonte: LeccePrima →
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