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Sabato, 20 Aprile 2024

Laureati senza futuro

L'articolo dell'editorialista economico del Guardian, Paul Mason

Questa generazione di giovani istruiti è un fenomeno unico, almeno nella società del dopoguerra: sono i primi figli che saranno più poveri dei loro genitori. Hanno assistito a un aumento vertiginoso della disoccupazione giovanile – 19 per cento nel Regno Unito, 17 per cento in Irlanda, 50 per cento in Spagna e in Grecia – ma hanno anche vissuto una rivoluzione tecnologica e delle comunicazioni che avrebbe dovuto favorire i più giovani.

L'editorialista economico del quotidiano britannico The Guardian, Paul Mason, racconta sulle colonne del suo giornale le sue esperienze, e il suo punto di vista, su una delle più gravi piaghe delle società occidentali, quella dei "laureati senza futuro".
Un articolo interessante e scritto con notevole brio, che qui vi riportiamo nella traduzione di Andrea Sparacino per Presseurop.eu, capace di far riflettere, proporre soluzioni, e non chiudersi nel pessimismo del "non potrà che andare peggio".

Per garantirci un futuro migliore dobbiamo allontanarci da un modello economico che non funziona più. “Il laureato senza futuro” è soltanto un’espressione colorita di un problema economico serio: il modello occidentale ha fallito, perché non è in grado di creare abbastanza posti di lavoro di alto profilo per questa forza lavoro altamente qualificata. Oggi il bene essenziale – una laurea – costa talmente caro che ci vogliono decenni di lavoro poco remunerato per pagarlo.

Quali punti di riferimento hanno i giovani "impegnati", quelli dei movimenti "Occupy". Quale leadership, utile a tutte le nuove generazioni, può sorgere da queste esperienze politiche e protestatarie?

L’ideale anti-leadership e anti-strutturale che ha definito le lotte del 2009-2011 sta cominciando a vacillare. Dato che i movimenti di protesta sono costruiti per evitare l’emergere di un leader, questa generazione è costretta a radunarsi attorno ai pulpiti dei vecchi profeti: fa male vedere la grammatica barocca delle lezioni di Slavoj ?i?ek o Noam Chomsky, che pontificano davanti a ragazzini di 21 anni.

Un quadro del tutto negativo? No, perchè nelle conclusioni dell'articolo Paul Mason individua tutto ciò che di positivo, per i giovani, può rappresentare questa crisi.

Ma ci sono anche lati positivi. Insieme ai resoconti delle loro proteste, i giovani attivisti che incontro mi parlano sempre dei loro progetti nel campo degli affari: hanno creato una rivista online (no, non è un collettivo, è un’impresa); hanno aperto un caffè; hanno fondato una compagnia teatrale o si sono impossessati – come in una fattoria andalusa che ho visitato – della terra abbandonata e hanno cominciato a piantare verdure. Tutti quei test, esercitazioni e lezioni pratiche hanno infuso un proficuo spirito imprenditoriale nella nuova generazione.

Questa è la prima generazione in grado di trattare la conoscenza come un software: disponibile per tutti, da usare, migliorare e magari anche buttare via. Possono acquisire rapidamente un livello di conoscenza che le precedenti generazioni raggiungevano soltanto al termine di un lungo processo. Ora tutto ciò di cui hanno bisogno è un modello economico che sappia sfruttare il potenziale umano creato dalle tecnologie.

Gli anni passano, e chi era appena entrato all’università nell’anno della Lehman Brothers oggi è al secondo anno di specializzazione post-laurea, o al secondo anno di disoccupazione. Ma intanto i laureati senza futuro hanno cominciato a capire che il futuro se lo devono costruire da soli. E se osservate bene, tralasciando le barbe incolte e le facce sbattute dopo le feste dissolute, vi accorgerete che sono sulla strada giusta.

Fonte: Guardian →
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