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Venerdì, 19 Aprile 2024

Lavoratori della conoscenza: "le riforme del governo non ci tutelano"

Su Corriere.it l'appello dei lavoratori della conoscenza al governo Monti

Siamo lavoratrici e lavoratori della conoscenza, dello spettacolo, della cultura e della comunicazione, della formazione e della ricerca, autonomi e precari del terziario avanzato. Lavoriamo con la partita IVA, i contratti di collaborazione, in regime di diritto d'autore, con le borse di studio, nelle forme della microimpresa e dell'economia collaborativa. Siamo cervelli in lotta, non in fuga, ovunque ci troviamo

Inizia così l'appello, firmato da venti associazioni e realtà culturali italiane, pubblicato oggi sul sito internet del Corriere della Sera.

A differenza di altri generici appelli al sostegno delle attività culturali, questo ha il merito di individuare un problema preciso e sottoporlo all'attenzione del governo.

Siamo il grande assente nella discussione sulla riforma del mercato del lavoro, tutta concentrata sullo strumentale dibattito sull'articolo 18. Questa riforma sta facendo passare, in sordina, la decisione di aumentare l’aliquota previdenziale per le partite IVA di 6 punti, dal 27 al 33%. Una scelta gravissima, che inciderà sulla vita delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla gestione separata INPS

Toni  e concretezza da vero e proprio sindacato. Segno che la crisi sta toccando in profondità, colpendo anche quelle che fino a poco tempo fa potevano essere considerate categorie privilegiate.

Già dal prossimo settembre almeno un milione e trecentomila persone vedranno il proprio reddito nuovamente tagliato, senza alcuna speranza di percepire in futuro una pensione dignitosa. Ecco l’anomalia scandalosa del mondo del lavoro italiano: dove di fatto, a chi non ha un contratto da dipendente a tempo indeterminato, non viene riconosciuta piena cittadinanza costituzionale. In questo stato di discriminazione vivono almeno altri quattro milioni di persone la cui condizione di precarietà, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel privato, non viene affrontata dal ddl in discussione in Parlamento se non mediante un contratto di apprendistato valido fino ai 29 anni di età

Per poi concludersi:

È necessario riconoscere nuovi diritti sociali fondamentali per le lavoratrici e i lavoratori autonomi in maternità o paternità, in malattia, nella transizione tra impieghi; diritti che garantiscano una retribuzione adeguata «e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», com’è sancito dall'art. 36 della Costituzione. Ciò impone scelte coraggiose nelle politiche economiche, sociali e culturali, improntate alla democrazia e alla trasparenza, al rispetto della vita e della dignità di tutti i cittadini e di tutte le persone che vivono e lavorano nel nostro Paese. Richiede una visione generale della società, una visione di cui avvertiamo drammaticamente l’assenza

Fonte: Corriere.it →
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