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Mercoledì, 24 Aprile 2024

"Mandare mail e foto hard a una collega di lavoro non è molestia"

Una sentenza di un tribunale del lavoro prova a definire il confine tra molestia e goliardia ai tempi di internet

Mandare mail e foto "hard" a una collega di lavoro non costituisce "giusta causa" per il licenziamento. Lo ha stabilito il giudice del lavoro di Catania, che, con una sentenza che molto probabilmente farà storia, allargando le maglie della netiquette e definendo il confine tra molestia e goliardia ai tempi di internet.

Su La Stampa, Giuseppe Salvaggiulo ci racconta come sono andate le cose.

La vicenda si svolge in una grande società di servizi. Roberto manda alla collega Laura, utilizzando le caselle di posta aziendale, questa email: «Queste pillole sono una potenza... Mi sento già un toro. Bacioni». L’indomani, un altro messaggio: «Dai rifacciamolo». Un mese dopo, terza email che incomincia con un «Ciao amore mio». Ancora dieci giorni e, a Laura che scrive «Ti ringrazio per la tua costante collaborazione», Roberto risponde: «Gioia mia, con quell’ultima frase mi fai venire i brividi...». Infine, sei mesi dopo, l’ultima e più grave email. «Guarda la M. (un’altra collega della stessa azienda, ndr) che qualità... altro che pianificazione. La first lady X (nome dell’azienda, ndr) del 2010. Okkio è riservata... non fare cazzate». Allegata una fotografia scaricata dal web con una donna nuda e irriconoscibile in un’automobile, in bella evidenza il lato B. 

"Fatti gravi che fanno venir meno il rapporto di fiducia", sostiene l'azienda. Il dipendente ha fatto un uso improprio della posta aziendale ma le sue email non sono talmente gravi da giustificarne il licenziamento, replica il tribunale, che afferma nella sentenza che le email non costituiscono "molestia", ma che "manifestano, piuttosto, un modo forse troppo confidenziale e scherzoso di intendere il rapporto con la collega. Il contenuto di tali frasi non appare assolutamente offensivo né lascia trasparire l’intenzione di rivolgere alla collega 'avance sessuali', visto che le espressioni utilizzate si prestano a diverse interpretazioni".

Fonte: La Stampa →
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