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Giovedì, 18 Aprile 2024

Mafia, duro colpo ai fiancheggiatori di Messina Denaro: e spunta una foto inedita

Arrestate 14 persone a Marsala e Mazara del Vallo: è un'ulteriore fase dell'articolata indagine sviluppata dal Ros, con il coordinamento della Procura di Palermo, per la cattura del numero 1 di Cosa nostra

Duro colpo alla rete di fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, latitante da 24 anni. 

Mercoledì mattina, nei comuni di Marsala e Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, i Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale hanno fermato 14 persone su ordine della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, diretta dal Francesco Lo Voi, con l'accusa di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione illegale di armi e munizionamento, con l'aggravante del metodo e delle finalità mafiose.

L'intervento costituisce un'ulteriore fase dell'articolata indagine sviluppata dal Ros, con il coordinamento della Procura di Palermo, per la cattura del numero 1 di Cosa nostra, che ha già consentito dal 2009 l'esecuzione di 61 provvedimenti cautelari a carico della sua rete di fiancheggiatori. Al centro del provvedimento di oggi è il mandamento di Mazara del Vallo e la sua articolazione territoriale rappresentata dalla famiglia mafiosa di Marsala, capeggiata dall'uomo d'onore Vito Vincenzo Rallo ed operante, nel 2015, secondo le espresse direttive imposte da Matteo Messina Denaro.

Le indagini sul clan, dirette dai sostituti Carlo Marzella, Pierluigi Padova e Gianluca De Leo, hanno permesso di individuarne gli assetti ordinativi e le gerarchie, evidenziando l'operatività di una decina radicata nella frazione marsalese di Strasatti e nel limitrofo comune di Petrosino.

In particolare, le indagini hanno consentito di accertare l'esistenza, in seno al sodalizio, di due sottogruppi di affiliati riferibili, il primo, a Nicolò Sfraga, uomo di stretta fiducia del capo famiglia marsalese, il secondo a Vincenzo D'Aguanno che, malgrado riconoscesse l'autorità di Rallo, risultava insofferente alle ingerenze di Sfraga nella spartizione delle risorse economiche del territorio di competenza.

La frizione tra i due schieramenti generava criticità negli assetti del clan, con continue interlocuzioni tra gli indagati che consentivano di delineare progressivamente l'intera struttura dell'associazione criminale, permettendo di monitorare le fasi del processo di normalizzazione operato di Rallo nei momenti di forte tensione che, in alcuni frangenti, sembravano poter sfociare in un confronto violento tra le fazioni.

In tale ambito emerge il ruolo svolto da Matteo Messina Denaro stesso che nel 2015, intervenne per riportare la pace richiamando le due fazioni al rispetto delle gerarchie interne alla famiglia di Marsala, rafforzato dalla minacciata eliminazione fisica dei responsabili di tali conflitti. In particolare, le disposizioni del latitante venivano veicolate da Sfraga al capo decina nel corso di una movimentata riunione nel gennaio 2015 quando, nel riferire le volontà di Messina Denaro, forniva importanti ed inediti elementi sia in ordine alla sua possibile presenza nel territorio della provincia di Trapani, sia in merito alle dinamiche di funzionamento di Cosa nostra marsalese.

Repubblica oggi pubblica una foto mai vista prima del giovane Messina Denaro al matrimonio della sorella Giovanna nel 1982. 

Ha vent'anni in questa immagine e ancora nessuno può immaginare il ruolo del rampollo di don Ciccio Messina Denaro, boss di peso e campiere della famiglia D’Alì, la famiglia del futuro sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi. E’ il 1982, l'anno del primo omicidio per Matteo Messina Denaro. Dieci anni dopo, sarebbe diventato l'erede di Totò Riina.

Fonte: La Repubblica →
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