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Giovedì, 28 Marzo 2024

Il Papa scrive a Repubblica: "La mia lettera a chi non crede"

"Pregiatissimo Dottor Scalfari": inizia così la lettera che Papa Francesco ha scritto al fondatore di 'Repubblica' e che il quotidiano mette in apertura. E' la prima volta che un Pontefice scrive a un giornale

"Lungo i secoli della modernità si è assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell'uomo sin dall'inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d'ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d'impronta illuminista, dall'altra, si è giunti all'incomunicabilità".

Parte da questa necessità la lettera di Papa Bergoglio a Repubblica: far dialogare fede e ragione. "E' venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro".

Dopo aver ripercorso alcuni elementi di fondo della lettera "concepita e in larga misura redatta" da Benedetto XVI "e dal quale, con gratitudine, l'ho ereditata", Francesco risponde, puntualmente, a tre questioni che Scalfari gli aveva posto .

"Innanzi tutto mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che, ed è la cosa fondamentale, la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire".

In secondo luogo, "mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità 'assoluta', nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l'amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant'è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt'altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: 'Io sono la via, la verità, la vita'? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt'uno con l'amore, richiede l'umiltà e l'apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione... assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all'inizio di questo mio dire".

Nell'ultima domanda "mi chiede se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell'uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma il rapporto è tra due realtà. Dio, questo è il mio pensiero e questa la mia esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! non è un'idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell'uomo. Dio è realtà con la 'R' maiuscola".

Fonte: Repubblica →
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