Parlano male del capo in una chat di gruppo su WhatsApp: licenziate
Un membro della chat ha stampato le conversazioni e le ha mostrate al capo, che ha quindi inviato una contestazione disciplinare e poi la lettera di licenziamento a due dipendenti
Due dipendenti di una azienda di Parma sono state licenziate per aver parlato male del capo in una chat di gruppo su WhatsApp. Entrambe, operaie a tempo indeterminato in una piccola ditta che si occupa di confezionamento di prodotti alimentari e ortofrutta, sono state "denunciate" da uno dei membri della chat, che ha stampato le conversazioni incriminate e le ha portato al titolare dell'impresa, escluso da quella chat. Il capo ha fatto avere alle due dipendenti una contestazione disciplinare e poi la lettera di licenziamento.
Le operaie si sono quindi rivolte al sindacato e il Fai Cisl ha presentato ricorso, contestando "la sproporzione tra la sanzione e il comportamento delle dipendenti". Secondo Silvia Caravà, legale del sindacato, non ci sono stati i dovuti criteri di gradualità. "In ogni contenzioso si parte sempre dal richiamo verbale, per poi passare al rimprovero scritto, alla multa, alla sospensione dal lavoro e della retribuzione per un massimo di tre giorni", ha spiegato al Corriere della Sera. A maggio ci sarà la prima udienza presso il Tribunale del lavoro di Parma.
"Di fronte alla condotta del responsabile, che le due operaie giudicavano vessatoria perché minacciava costantemente il licenziamento e denigrava quotidianamente le dipendenti, loro hanno reagito sfogandosi su WhatsApp con i toni colloquiali tipici delle chat sul telefonino", ha concluso l'avvocato Caravà.
Carlo Blengino, penalista espero di web e nuovi media, intervistato dal Corsera, ha fatto un po' di chiarezza su quanto prevede la giurisprudenza in questi casi:
"Il problema non si porrebbe se lo scambio avvenisse soltanto tra due persone. È diverso se i partecipanti alla chat sono di più: in questo caso scatta la diffamazione. Non dobbiamo pensare che in Rete si applichino regole diverse rispetto a quelle che valgono per la realtà analogica: se parlo male di una terza persona al bar davanti a testimoni e uno di loro lo riferisce all’interessato, lui è subito chiamato in causa e può agire di conseguenza"