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Giovedì, 18 Aprile 2024

Poesia anti-israeliana di Gunter Grass scatena polemiche in Germania

Leggi il testo della controversa poesia di Gunter Grass

La poesia di Gunter Grass su Israele e l'Iran, dove lo scrittore sostiene che l'arsenale atomico di Israele rappresenta una minaccia più seria della possibile atomica iraniana, ha creato una ridda di infuocate polemiche in Germania.
Nel testo, pubblicato in Italia da "La Repubblica", Grass critica anche la politica tedesca, rimproverando a Berlino di aver venduto e continuato a vendere armi letali a Israele.

La critica più dura allo scrittore è arrivata dal quotidiano "Die Welt", che titola in prima pagina "Gunter Grass, l'eterno antisemita".
Replica indignata quella dell'Ambasciata israeliana a Berlino, mentre il consiglio centrale degli ebrei tedeschi ha definito la poesia un "pamphlet aggressivo".
Il presidente della commissione esteri del Bundestag, Ruprecht Polenz ha osservato come Grass sia un grande scrittore "ma che quando parla di politica ha spesso torto". Sulla stessa linea un altro esponente della Cdu, Philipp Missfelder, che parla di una poesia "senza gusto, contraria alla storia e rivelatrice di una grave mancanza di conoscenza della situazione in Medio Oriente".

A favore di Grass, invece, il capo del Pen club tedesco, Johano Strasser, che si è unito alla posizione di Grass contraria all'esportazione tedesca di armi allo stato ebraico.

Questo il testo della controversa poesia

Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt’al più le note a margine.
E’ l’affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo
organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un’atomica.
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l’altro paese,
in cui da anni — anche se coperto da segreto —
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d’uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l’esistenza di un’unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d’Israele
al quale sono e voglio restare legato.
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l’ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi — come tedeschi con sufficienti
colpe a carico —
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
E lo ammetto: non taccio più
perché dell’ipocrisia dell’Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un’istanza internazionale.
Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella

regione occupata dalla follia ci sarà una via d’uscita,
e in fin dei conti anche per noi.

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