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Venerdì, 29 Marzo 2024

Nessun risarcimento a chi finisce in carcere per errore: "Traditi due volte dalla giustizia"

Il quotidiano Il Giorno, in un articolo di Alessandro Belardetti, affronta un tema scottante. Nel 2016 sono state 1.001 le ordinanze di pagamenti per riparazioni a ingiuste detenzioni ed errori giudiziari, pari a 42.082.096 euro, ma i risarcimenti sono in netto calo

In Italia ogni anno molte persone vengono arrestate per errore e trascorrono ingiustamente un periodo di tempo in carcere o ai domiciliari. Ma su 7mila richieste in media all'anno solo una minima parte viene accolta. Gli indennizzi ci sono solo per mille detenuti. 

Il quotidiano Il Giorno, in un articolo di Alessandro Belardetti affronta un tema scottante. Nel 2016 sono state 1.001 le ordinanze di pagamenti per riparazioni a ingiuste detenzioni ed errori giudiziari, pari a 42.082.096 euro.

Negli ultimi 25 anni il ministero dell’Economia e Finanze ha pagato 630 milioni di euro per indennizzare quasi 25mila vittime di ingiusta detenzione, ma negli ultimi anni i risarcimenti sono calati.

C'è proprio un tariffario governativo: 250 euro per ogni giorno in carcere, 125 euro per i domiciliari, con un massimo di 516mila euro (mentre per gli errori giudiziari non c’è limite al risarcimento). 

L’avvocato Gabriele Magno, presidente dell’Associazione nazionale vittime di errori giudiziari, chiarisce: "Ma l’entità dell’indennizzo dev’essere proporzionata alle conseguenze personali e familiari dell’imputato: non può bastare un quantum al giorno perché ci sono, per esempio, danni come la perdita di guadagni dal fallimento dell’azienda di un imprenditore incarcerato".

Il più noto dei "non risarciti" è Raffaele Sollecito, accusato e detenuto quattro anni per il delitto di Meredith Kercher, poi assolto in Cassazione. 

I giudici d’appello di Firenze nel caso Mez, sopraggiungendo l’assoluzione di Sollecito, hanno ammesso la sua ingiusta detenzione «ma lui ha concorso a causarla con la propria condotta dolosa o colposa». Comma uno dell’articolo 314 del codice di procedura penale: se un imputato provoca la propria ingiusta detenzione, non ha diritto all’indennizzo. «È un paracadute dello Stato, che lo usa a piacimento – prosegue il 41enne Magno –. A livello costituzionale così appare più importante l’essersi, per esempio, avvalso della facoltà di non rispondere durante un interrogatorio nelle indagini, che l’essere stato assolto con formula piena.

Fonte: Il Giorno →
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