Salario minimo: l'Unione Europea lo vuole, l'Italia lo ignora

“I salari minimi svolgono un ruolo importante nella lotta alla povertà e alle ineguaglianze”: è questa la posizione espressa dal portavoce del Commissario Ue all’Occupazione Lazslo Andor.

Sostenere la creazione di posti di lavoro tra i giovani, promuovere salario minimo e dialogo sociale e rafforzare il coordinamento tra i 27 paesi dell'Ue: sono questi i tre punti forti della Comunicazione "Verso una ripresa ricca di lavoro", base per la creazione di un mercato unico del lavoro nell'Unione Europea che punta a creare 17 milioni di nuovi posti di lavoro nel vecchio continente.

E' questa la prima volta che il tema controverso del "salario minimo" viene contenuto in un documento ufficiale dell'Unione Europea.

“La Commissione - ricorda però il portavoce di Andor - può solo sottolineare l’importanza del ruolo che il salario minimo può svolgere”, commentando che ”spetta ai governi nazionali decidere un salario minimo adeguato alle proprie economie”.

Una distinzione fondamentale, non tanto sulla validità di questo strumento quanto sull'entità del salario minimo.
Il salario minimo è infatti stato adottato dalla maggioranza degli stati europei, e in alcuni casi questo supera i mille euro.
Non in Italia, dove l'argomento è considerato un vero e proprio tabù dalla politica e dalle imprese.

Il salario minimo può "aiutare a prevenire la crescente povertà tra i lavoratori" e limitare "la distruttiva corsa al ribasso del costo del lavoro", afferma sempre il portavoce del commissario Andor, ma le contrapposizioni tra popolari e sinistra al Parlamento europeo da anni impediscono che questo strumento diventi obbligatorio in tutti i paesi comunitari. Con la conseguenza che ognuno continua a fare come meglio ritiene.
Come in Italia. Dove il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro non ha mai preso seriamente in considerazione uno strumento che l'Europa considera fondamentale per la crescita economica e la giustizia sociale.