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Martedì, 23 Aprile 2024

Due anni fa il massacro di Iguala: ancora nessuna verità sulla morte dei 43 studenti messicani

Un documentario girato in Messico da Iacopo Luzi ricostruisce la vicenda e riporta le conclusioni cui è giunto il Giei, un gruppo di investigatori internazionali che ha indagato sul caso, evidenziando lacune nell'inchiesta

Sono trascorsi settecentotrentuno dalla scomparsa a Iguala dei 43 studenti messicani della Scuola normalista di Ayotzinapa. Era il 26 settembre 2014. Gli studenti si erano recati nella città di Iguala per sequestrare alcuni autobus con i quali raggiungere Città del Messico per una grande manifestazione prevista qualche giorno dopo. Le forze dell'ordine aprirono il fuoco sui bus sequestrati, uccidendo e ferendo diversi studenti e colpendo anche persone estranee al fatto, come i calciatori di una squadra locale a bordo del loro pulmino.

Secondo la versione ufficiale fornita dal governo messicano, i 43 studenti sarebbero stati consegnati dalla polizia ai membri di un cartello della droga, che li avrebbero uccisi e bruciati. Le autorità spiccarono un mandato di arresto nei confronti del sindaco di Iguala e della sua consorte e del responsabile per la pubblica sicurezza perché accusati di aver ordinato l'attacco contro il corteo di studenti per non disturbare un evento organizzato dalla moglie del sindaco, sorella di tre narcotrafficanti. Ma la verità del governo non ha mai convinto le famiglie dei 43 studenti e in questi due anni in molti hanno investigato sul caso.

Come ricorda The Post Internazionale, a partire dal novembre 2014 un gruppo di esperti internazionali chiamato Giei (Gruppo interdisciplinare esperti internazionali) ha indagato sulla vicenda. Le conclusioni ribalterebbero la versione data dal governo: gli studenti si sono trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Il Giei infatti ritiene che i giovani abbiano sequestrato per errore un bus contenente un grosso carico di droga destinato agli Stati Uniti e la polizia, complice dei narcotrafficanti, avrebbe agito per recuperare il mezzo.

Nel maggio 2016, Iacopo Luzi si è recato in Messico per investigare sul caso. Da questo suo viggio è nato "731 giorni", un breve documentario pubblicato da The Post Internzionale, che ricostruisce in quattro punti le principali scoperte fatte dal Giei.

I quattro membri della banda criminali arrestati e condannati per l'omicidio dei 43 studenti hanno confessato al Giei di essersi presi la colpa dopo essere stati torturati da alcuni poliziotti. Secondo i documenti raccolti dal Giei, sarebbe stato poi fisicamente impossibile bruciare i 43 corpi in appena 16 ore, per di più in una notte di pioggia. Delle ceneri sono state rinvenute vicino un piccolo ruscello, ma analisi scientifiche austriache hanno dimostrato che soltanto un piccolo resto umano appartiene a uno dei ragazzi uccisi. Alcuni cellulari degli studenti erano attivi ore e giorni dopo la "presunta" morte. 4. Il Giei ha scoperto poi  l'esistenza di un quinto bus sequestrato, completamente ignorato dagli investigatori messicani, che si suppone trasportasse droga verso Chicago, negli Usa. Quel bus è scomparso e di esso non si mai saputo nulla.

Messico: studenti scomparsi, la protesta a Roma

Il Giei ha terminato il suo contratto nell'aprile 2016, e il presidente messicano Pena Nieto ha deciso di non rinnovarlo, sostenendo che il lavoro del GIei fosse concluso.  Di recente, la Procura Generale del Messico ha dichiarato che le investigazioni sul caso Ayotzinapa sono ancora aperte. A luglio 2016, il governo messicano ha concesso alle autorità internazionali di proseguire l'investigazione iniziata dal Giei. Tuttavia gli investigatori internazionali potranno solo recarsi in Messico per 5 giorni ogni due mesi. 

Fonte: The Post Internazionale →
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