La moglie dell'immigrato morto lavorando nei campi: "Li trattano peggio delle bestie"
Pochi giorni fa Mohamed, sudanese 47enne, è morto per un colpo di calore: stava raccogliendo pomodori in un'azienda agricola tra Nardò e Avetrana. Marian, questo il nome della donna, non pensava che il marito vivesse in condizioni del genere
Parla a Repubblica la moglie del sudanese morto mentre lavorava nei campi sotto l'afa, in Puglia: "Mohamed viveva da schiavo" dice affranta.
Pochi giorni fa Mohamed, sudanese 47enne, è morto per un colpo di calore: stava raccogliendo pomodori in un'azienda agricola tra Nardò e Avetrana.
Lavorava per mantenere la moglie e i figli. Marian, questo il nome della donna, non pensava che il marito vivesse in condizioni del genere: "Li fanno vivere peggio delle bestie. Mio marito dormiva su un materasso poggiato su un balcone, in mezzo alla sporcizia: se l'avessi saputo, non l'avrei mai lasciato venire qui".
Ora i titolari della ditta e un caporale sono indagati per omicidio colposo. Marian è andata poche ore fa al "ghetto" della ex falegnameria per recuperare gli effetti personali del marito: "In questa casa che non si può chiamare casa non c'è posto per l'umanità".
Mohamed non si risparmiava, lavorava il più possibile per mandare i soldi a casa. Aveva già fatto la raccolta dei pomodori a Crotone, l'anno scorso, ma anche in provincia di Siracusa, e quest'anno aveva partecipato alla raccolta delle patate in Sicilia.
Pensava di tornare a casa a settembre?
"Così era previsto. Lui era un ottimo padre, prima che un buon marito, affettuoso con i suoi figli e con me, mi difendeva in qualunque situazione e si prestava a fare qualunque lavoro per mantenerci. Viviamo con molte difficoltà, mio figlio maggiore ha dovuto lasciare la scuola perché non riuscivamo a mantenerlo, ma ancora è troppo piccolo per lavorare e mio marito pensava a tutto".Da quanto tempo viveva in Italia, com'era arrivato?
"Su un barcone, come tutti. Dal Sudan si era spostato in Libia per lavorare e da lì nel 2006 era partito per l'Italia sperando di fare una vita migliore. Aveva ottenuto lo status di rifugiato politico. Ci siamo conosciuti sei anni fa e poi sposati, era un uomo religioso e preciso, non fumava, non beveva, non mancava mai a una preghiera".Vi siete sentiti la mattina del giorno in cui è morto.
"Era contento, stava bene, faceva caldo ma non mi ha detto che stava male. Lui non aveva mai problemi, era forte, non era malato, io non so cosa sia successo".