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Giovedì, 28 Marzo 2024

Veleni e discariche, nessuno finanzia lo studio sulla mortalità infantile nei siti contaminati

I bambini che in Italia crescono vicino alle aree contaminate, già nel primo anno di vita, hanno un rischio di morte per tutte le cause più alto del 4%. Ma nessuno finanzia uno studio sull'argomento: l'articolo del Fatto

L'articolo di Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano di oggi riporta dati sconvolgenti.

Il nuovo rapporto “Sentieri”, lo studio epidemiologico sui siti inquinati di interesse nazionale (Sin) finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto superiore di Sanità, è stato appena pubblicato sul sito dell’associazione degli epidemiologi.

Che cosa dice lo studio? Dice che i bambini che in Italia crescono vicino alle aree contaminate, già nel primo anno di vita, hanno un rischio di morte per tutte le cause più alto del 4%.

Il fatto inaccettabile è che il progetto di studio non trova finanziamenti, e non si sa quindi molto di più sui rischi a cui sono esposti i bambini che vivono nelle aree compromesse dalle discariche e dai fumi delle industrie. Il costo non sarebbe eccessivo, 350mila euro, ma di finanziamenti veri e propri non se ne sono visti.

Imbarazzante, ma vero.

Dalla Caffaro di Brescia a Taranto, dal Polo chimico di Mantova alla Ferriera di Trieste, all’ex stabilimento Ethernit di Siracusa si sa che sono cinque milioni gli italiani che vivono in uno dei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin). Un quinto, circa milione, sono bimbi e ragazzi sotto i 20 anni di età e rappresentano la fascia di popolazione più fragile ed esposta all’inquinamento ambientale. E tuttavia per il Paese della Terra dei Fuochi è come se non esistessero affatto. La strage degli innocenti finora è stata raccontata da lontano, attraverso serie statistiche su tutta la popolazione e dunque mantenendosi sulla superficie rispetto al problema specifico dei bambini.

E' incredibile che, come spiega al Fatto Roberta Pirastu, professoressa all'Università Sapienza "ai pronto soccorso, anche nelle zone ufficialmente riconosciute come compromesse come Taranto, non c’è un sistema automatizzato di registrazione degli accessi dei bambini per causa".

La conseguenza è che non c'è monitoraggio né valutazione delle ricadute da esposizione ai siti contaminati.

In italia su un periodo di 10 anni (1996-2005) nei siti contaminati, sono stati registrati circa 700 casi di tumori maligni tra i ragazzi di età compresa tra 0 e 19 anni (più di 1.000 casi includendo anche i giovani adulti, 0-24 anni).

Con picchi nelle realtà più compromesse della mappa dei veleni: a Massa Carrara, area interessata dal siderurgico e petrolchimico, le esposizioni agli inquinanti hanno portato a un eccesso di mortalità del 25% nei bambini sotto l’anno di vita e del 48% in quelli da 0 a 14 anni. A Taranto gli stessi valori sono superiori del 21% e del 24%, a Mantova – tra industrie mettallurgiche e cartarie, petrolchimico e discariche e area portuale – addirittura del 64 e 23%. L’aumento della mortalità infantile per tutte le cause si osserva anche a Biancavilla, Broni e Casale Monferrato, siti caratterizzati da contaminazione ambientale da amianto o altre fibre minerali.

Fonte: Il Fatto Quotidiano →
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