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Venerdì, 19 Aprile 2024

Maternità in affitto: il sì del tribunale di Milano

Sentenza storica: utero in affitto per la gestazione di un bimbo di una coppia milanese. Assolti dopo aver rischiato 15 anni di carcere per aver dato al figlio il loro cognome. Era stato portato in grembo da una donna ucraina

Una sentenza storica che crea un precedente importante per tutte quelle coppie che non possono avere figli: A.C. e S.B. sono stati assolti dopo aver rischiato 15 anni di carcere per aver dato il loro cognome a un bambino che è stato portato in grembo da una ragazza ucraina.

In realtà le 'gravidanze in affitto' sono illegali nel nostro paese, ma lecite e regolarizzate altrove, ad esempio in Ucraina, dove la coppia si era recata. La procura li aveva indagati per "alterazione di stato", ovvero con l'accusa di aver falsificato i documenti con cui al rientro da Kiev si attribuivano la paternità di un neonato partorito da un'altra donna.

"La vicenda trae origine dall’impossibilità di avere figli verificata, dopo il matrimonio, dalla coppia C. e B. ed è emblematica, nella sua evoluzione, delle difficoltà a realizzare il diritto alla genitorialità di cui, nonostante l’evoluzione delle tecniche medico – scientifiche, le famiglie gravate da problemi riproduttivi continuano a doversi fare carico" scrivono i guidici della quinta sezione penale di Milano, che hanno seguito il caso.

La donna milanese è affetta da una malattia che le impedisce di portare a termine una gravidanza. Così i coniugi avevano deciso di ricorrere alla fecondazione assistita e quindi a una mamma in affitto. Si erano rivolti alla "Biotexcom" di Kiev, con un contratto 'pienamente conforme alla legge ucraina'. Così nel 2010 è nasce G., gestato nell'utero di N. ma in realtà figlio della coppia milanese. Infatti la donna che lo ha portato in grembo ha attestato davanti a un notaio  l’inesistenza di qualsiasi relazione genetica con il bambino e ha prestato il consenso all’indicazione dei coniugi milanesi quali genitori.

Da qui l'inizio dell'iter giudiziario in Italia come si legge dalle pagine dell'Espresso:

I documenti ufficiali per l'Ucraina insospettiscono il funzionario dell'ambasciata italiana da cui i due neo-genitori devono passare, dichiarando (questo sì falsamente) di aver appena partorito il bambino. Il funzionario non ci sta: una mamma, in viaggio, al nono mese di gravidanza, che decide per sbaglio di partorire a Kiev, lontano da casa? E segnala la vicenda alla procura di Milano. L'accusa è grave ma per i giudici di primo grado non è questione: tutto era legale nel paese in cui è successo, l'Ucraina, e l'Italia lo deve accettare. L'unico reato imputabile ai due genitori è quello di aver dichiarato il falso in un primo momento a un pubblico ufficiale. Ma per questo basterà la sede civile.

Fonte: L'Espresso →
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