Rifiuti speciali nelle cave del Salento: la bomba ecologica di cui non parla (quasi) nessuno
La storia del basso Salento dove si estraeva pietra dalle cave e oggi emergono i veleni: nella contrada Matine sono stati interrati rifiuti pericolosi, violando leggi e mettendo a rischio la salute dei cittadini
LECCE – E’ una vicenda che si fonde con un passato fatto di storie di vita scritte nel libro della memoria personale e collettiva, che intacca e avvelena un territorio da sempre in simbiosi con il suo lavoro e la sua cultura. Perché la storia del basso Salento passa inevitabilmente dalle cave della contrada Matine: un tempo bene prezioso e fonte di ricchezza, oggi cancrena che corrode e avvelena. Da quelle cave oggi, estratti dalle mani meccaniche degli escavatori, emergono i rifiuti pericolosi interrati nel cuore di un territorio violato dalle follie ambientali degli anni novanta. Le cave di Matine per decenni hanno fornito all’edilizia una delle pietre più preziose e sfruttate per ogni bisogno. Una pietra gialla, dura da lavorare con pazienza e abilità per ricavare i conci sagomati delle volte.
Quella cava, però, svuotata dalla sua pietra preziosa, è divenuta una discarica per i rifiuti solidi urbani (Rsu), sfruttando il famigerato articolo 12 del decreto del presidente della Repubblica numero 915 del 1982: “Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, il presidente della giunta regionale ovvero il sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, può ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di smaltimento di rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti, informandone tempestivamente il ministro della Sanità”.
Un Dpr che i sindaci dei comuni del basso Salento hanno sfruttato a pieno fino all’abrogazione (datata 1 marzo 1997), anche oltre i sei mesi (più sei) concessi dalla legge. In quella vecchia cava (utilizzata come discarica fino al 1995) non sono confluiti solo i rifiuti urbani, ma anche quelli speciali: scarti di lavorazione industriale, di stabilimenti tessili e calzaturifici. Una bomba ecologica (saranno le analisi a scongiurare l’avvelenamento della falda acquifera) innescata senza alcuna precauzione, ricoprendola solo con qualche metro di terra su cui la natura ha provato a cancellare la devastazione dell’uomo.
Basta spostarsi di qualche chilometro e lo scenario è lo stesso...