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Sabato, 20 Aprile 2024

Rifiuti speciali nelle cave del Salento: la bomba ecologica di cui non parla (quasi) nessuno

La storia del basso Salento dove si estraeva pietra dalle cave e oggi emergono i veleni: nella contrada Matine sono stati interrati rifiuti pericolosi, violando leggi e mettendo a rischio la salute dei cittadini

LECCE – E’ una vicenda che si fonde con un passato fatto di storie di vita scritte nel libro della memoria personale e collettiva, che intacca e avvelena un territorio da sempre in simbiosi con il suo lavoro e la sua cultura. Perché la storia del basso Salento passa inevitabilmente dalle cave della contrada Matine: un tempo bene prezioso e fonte di ricchezza, oggi cancrena che corrode e avvelena. Da quelle cave oggi, estratti dalle mani meccaniche degli escavatori, emergono i rifiuti pericolosi interrati nel cuore di un territorio violato dalle follie ambientali degli anni novanta. Le cave di Matine per decenni hanno fornito all’edilizia una delle pietre più preziose e sfruttate per ogni bisogno. Una pietra gialla, dura da lavorare con pazienza e abilità per ricavare i conci sagomati delle volte.

Quella cava, però, svuotata dalla sua pietra preziosa, è divenuta una discarica per i rifiuti solidi urbani (Rsu), sfruttando il famigerato articolo 12 del  decreto del presidente della Repubblica numero 915 del 1982: “Qualora  sia  richiesto  da  eccezionali  ed  urgenti necessità di tutela  della  salute  pubblica  o dell'ambiente, il presidente della giunta  regionale  ovvero  il  sindaco,  nell'ambito delle rispettive competenze,  può  ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di smaltimento  di  rifiuti  anche  in deroga alle disposizioni vigenti, informandone tempestivamente il ministro della Sanità”.

Un Dpr che i sindaci dei comuni del basso Salento hanno sfruttato a pieno fino all’abrogazione (datata 1 marzo 1997), anche oltre i sei mesi (più sei) concessi dalla legge. In quella vecchia cava (utilizzata come discarica fino al 1995) non sono confluiti solo i rifiuti urbani, ma anche quelli speciali: scarti di lavorazione industriale, di stabilimenti tessili e calzaturifici. Una bomba ecologica (saranno le analisi a scongiurare l’avvelenamento della falda acquifera) innescata senza alcuna precauzione, ricoprendola solo con qualche metro di terra su cui la natura ha provato a cancellare la devastazione dell’uomo.

Basta spostarsi di qualche chilometro e lo scenario è lo stesso...

Fonte: LeccePrima →
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