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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Quarta dose

Covid, servirà davvero un richiamo annuale di vaccino per tutti?

Se ne discute da settimane, ma al momento non ci sono certezze. Molto dipenderà dallo scenario epidemiologico in cui ci troveremo in autunno, e da quanto si rivelerà duratura l'efficacia dei vaccini

Nuovi contagi, ospedalizzazioni e decessi sono stabilmente in calo da settimane. La pandemia finalmente arretra, e nei prossimi mesi ci attende un progressivo ritorno alla normalità, in attesa che il virus si presenti a chiedere nuovamente il conto il prossimo autunno. La speranza è che i vaccini – l'arma in più che ci ha tenuto a galla in questa quarta ondata della pandemia – continuino a fare la differenza, consentendoci di pianificare la nostra convivenza a lungo termine con Covid 19 in relativa tranquillità. Su questo aspetto, però, la scienza al momento non offre certezze: la terza dose potrebbe rivelarsi sufficiente per molti di noi, ma è anche possibile che si renda necessario un richiamo annuale del vaccino per tutti, almeno per qualche altro anno. Ci sono infatti tre grandi incognite che impediscono di fare previsioni: quanto si rivelerà duratura la protezione offerta dai vaccini, in quale scenario epidemiologico ci troveremo con il ritorno dei mesi freddi, e l'arrivo, o meno, di nuove varianti pericolose del virus. Qualche ipotesi, comunque, è possibile azzardarla. 

Quanto dura l’immunità

Al momento in Italia la stragrande maggioranza della popolazione è protetta dal coronavirus, grazie ai vaccini o a una passata infezione: l’89% degli italiani over 12 ha completato il ciclo vaccinale primario, e l'84% di chi poteva (cioè dei vaccinati con seconda dose da almeno 4 mesi) ha effettuato anche il booster, percentuali che salgono notevolmente sommando anche i guariti da un'infezione recente (che vengono considerati protetti al pari dei vaccinati). Ottime notizie, visto che secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità chi ha concluso il ciclo completo di vaccinazioni da meno di tre mesi ha un rischio quattro volte più basso, rispetto a un non vaccinato, di finire in ospedale, e sei volte inferiore di essere ricoverato in terapia intensiva o di morire. Non è chiaro però quanto durerà questa situazione. 

Negli scorsi mesi abbiamo imparato che l’efficacia dei vaccini non è lunga come vorremmo, almeno nei confronti delle infezioni: in appena tre mesi, infatti, scende dal 63% al 43%. Fortunatamente, almeno per ora rimane abbastanza elevata nei confronti delle forme gravi di Covid 19: a 120 giorni dalla seconda dose è ancora all’83%, e sale al 93% in seguito alla terza dose booster. In questo senso, neanche l’arrivo della variante omicron sembra cambiare le carte in tavola. Uno studio degli americani Centers for Disease Control and Prevention ha stimato che a quattro mesi dalla vaccinazione primaria, nel periodo in cui Omicron è divenuta predominante negli Usa, i vaccini a mRna hanno mantenuto un’efficacia del 78% nei confronti del rischio di sviluppare Covid in forma grave. Dati italiani, pubblicati da poco sul British Medical Journal, si spingono fino a sei mesi dal termine della vaccinazione primaria, e indicano una protezione dalle infezioni che scende al 33%, mantenendosi invece intorno all’80% nei confronti delle forme gravi della malattia (con un declino però più marcato nelle fasce di popolazione ad altro rischio). Più in là di così, al momento, non esistono certezze.

Memoria immunitaria

Per prevedere quanto siamo protetti da un patogeno in seguito a una vaccinazione gli scienziati solitamente monitorano quanti anticorpi capaci di neutralizzarlo sono presenti nel nostro organismo. E si è visto che intorno ai sei mesi dall’immunizzazione iniziale gli anticorpi anti-Covid declinano rapidamente: è questa scoperta, in effetti, che ha fatto sospettare che i vaccini possano perdere efficacia in un tempo relativamente breve, aprendo le porte alla somministrazione di una terza dose booster. Il sistema immunitario però non è fatto solamente di anticorpi, e impedire l'infezione non è l'unico beneficio che possono offrire i vaccini. I linfociti T natural killer, ad esempio, sono cellule del sistema immunitario che hanno il compito di riconoscere e distruggere le altre cellule dell'organismo quando vengono invase da un virus. Il loro ruolo è meno cruciale se si parla di prevenire del tutto un'infezione, ma sono estremamente importanti quando si tratta di impedire ad una malattia di evolvere verso una forma più grave. I vaccini a mRna si sono rivelati particolarmente efficaci nell’attivare questi elementi del sistema immunitario, e non a caso, probabilmente, i dati disponibili ci dicono che la protezione che offrono verso le forme gravi di Covid rimane elevata anche a mesi di distanza dall'ultima immunizzazione. 

Sia nel caso dei linfociti B, le cellule che producono gli anticorpi, che in quello dei linfociti T natural killer, esistono inoltre dei meccanismi che garantiscono una risposta a lungo termine contro gli invasori: le cosiddette cellule di memoria, che serbano il ricordo di un patogeno combattuto in precedenza per attivare nuovamente le difese del nostro organismo in caso di un nuovo incontro con il nemico. Questa forma di memoria immunitaria solitamente dura molto a lungo (anche 75 anni per il vaiolo). E nel caso dei linfociti T natural killer, le cellule di memoria contro Sars-Cov-2 sono state identificate in alcuni pazienti anche a due anni di distanza dalla guarigione. Per questo motivo, diversi esperti ritengono probabile che l’immunizzazione, soprattutto in chi ha ricevuto anche la terza dose booster, si rivelerà efficace per un lungo periodo di tempo. Senza impedire magari le infezioni (verso cui la protezione in effetti sembra calare dopo pochi mesi dalla vaccinazione), ma fornendo comunque una protezione importante dal rischio di sintomi gravi, ospedalizzazione e decesso. 

Quarta dose in autunno?

Cosa possiamo aspettarci quindi in autunno dipenderà innanzitutto dalla durata dell’immunità offerta dai vaccini. Un 70-80% di protezione contro le forme gravi di Covid per molte persone potrebbe essere sufficiente per affrontare il prossimo inverno senza troppa paura. Sotto i 50 anni, la letalità di Covid (le probabilità di morire calcolate sul totale delle infezioni note) è inferiore allo 0,1%. Con l’80% di protezione, scende a meno dello 0,08%, in linea con quella dell’influenza stagionale. Se i dati andranno in questa direzione, probabilmente dopo la terza dose non serviranno ulteriori richiami in caso di persone giovani e in buona salute. Per chi ha qualche anno in più, o soffre di patologie che aumentano i rischi legati a Covid, la situazione si fa più pericolosa, ed è quindi probabile che un richiamo autunnale del vaccino si rivelerà una scelta saggia, a prescindere dallo scenario epidemiologico in cui ci troveremo. Se i vaccini perderanno efficacia anche nei confronti delle forme gravi, ovviamente, il discorso cambia. Così come nel caso in cui il virus torni a correre come ha fatto negli scorsi mesi, rendendo nuovamente necessaria la massima protezione anche nei confronti di forme asintomatiche o lievi, per impedire di mandare in affanno gli ospedali. In questi casi sarà probabilmente necessario ricorrere nuovamente ad un booster vaccinale per l’intera popolazione, per scongiurare il ritorno dei bollettini quotidiani con morti e contagi. 

La variabile più imprevedibile, comunque, è quella legata all’arrivo di nuove varianti del virus. Di norma, per virus respiratori a grande diffusione come Sars-Cov-2 si ritiene più vantaggioso evolvere verso forme meno aggressive, che massimizzano le chance di diffusione del patogeno minimizzando i rischi per i pazienti. La teoria quindi lascia ben sperare, ma come sempre quando si parla di evoluzione, non si tratta di una scienza esatta: se il nemico muterà ancora è impossibile prevedere con certezza che forma prenderà, e cosa dovremo fare per metterci al riparo. Qualche indizio, comunque, dovrebbe arrivare con l’estate, quando l’emisfero australe entrerà nuovamente nella stagione invernale, e farà in qualche modo da banco di prova per quello che potremmo aspettarci anche alle nostre latitudini con il ritorno dei mesi più freddi freddi. 

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